Papa Clemente XIV

1705 - 1774

Papa Clemente XIV
Nazione: Italia

ID: 2157

Papa Clemente XIV, in latino Clemens PP. XIV, al secolo Giovanni Vincenzo Antonio (e in religione Lorenzo) Ganganelli (Santarcangelo di Romagna, 31 ottobre 1705 – Roma, 22 settembre 1774), è stato il 249º vescovo di Roma (248º successore di Pietro) e papa della Chiesa cattolica dal 28 maggio 1769 alla morte. Apparteneva all’Ordine dei frati minori conventuali.

Papa Clemente XIV.
Papa Clemente XIV.

Biografia

Gli studi e il cardinalato

Era figlio di Lorenzo Ganganelli, un medico nato a Borgo Pace, nell’ex Ducato di Urbino, e di Angela Serafina Macci. Il padre lo lasciò orfano quando era ancora in giovane età. Compì gli studi a Rimini e Urbino, dove a diciott’anni entrò a far parte dell’ordine dei francescani conventuali e prese come nome religioso Lorenzo in onore del padre. Divenne insegnante di filosofia e teologia. Nel 1740 fu nominato rettore del collegio di San Bonifacio a Roma. Scrittore affermato, dedicò a Sant’Ignazio di Loyola la sua Diatriba theologica.

Il suo operato in qualità di reggente del collegio gli procurò la stima di Papa Benedetto XIV, che lo nominò consigliere dell’Inquisizione. Proposto come Generale del suo Ordine per due volte (1753 e 1756), Ganganelli per entrambe le volte rifiutò. In sèguito Papa Clemente XIII gli concesse la porpora cardinalizia, ma il suo dissenso nei confronti della linea politica di Clemente lo fece cadere in disgrazia e gli fece perdere ogni influenza a Corte.

Il Papato

Il conclave del 1769 che seguì alla morte di Clemente XIII, iniziato il 15 febbraio, fu il più contrastato in almeno due secoli di storia. La questione di fondo era la Compagnia di Gesù, il cui destino sembrava in bilico. Le potenze cattoliche erano compatte nell’esigere che non venisse eletto un amico della medesima. I principi della famiglia dei Borboni pretendevano addirittura che i candidati s’impegnassero in maniera vincolante a sopprimerla. Dopo ben tre mesi e 179 votazioni, il 19 maggio 1769, la scelta cadde su Ganganelli, non tanto perché nemico dichiarato dei gesuiti, quanto perché era il meno inviso alle varie fazioni contrapposte. L’accusa di simonia che gli fu rivolta era sicuramente stata diffusa dai gesuiti,che nutrivano nei suoi confronti una grande avversione, sebbene non esistesse alcuna prova che Ganganelli avesse realmente intenzione di sopprimere la Compagnia: egli infatti si era rifiutato d’impegnarsi per iscritto sulla questione.

Non essendo vescovo, venne consacrato il 28 maggio 1769, prima dell’incoronazione, dal della Rovere, cardinale-vescovo di Porto e Santa Rufina, coadiuvato da Giovanni Francesco Albani, cardinale-vescovo di Sabina, e da Enrico Benedetto Stuart, duca di York e cardinale-vescovo di Frascati.

Papa Clemente XIV pubblicò l’enciclica Decet Quam Maxime, che conteneva informazioni sulla corruzione dei chierici, alcune sue disposizioni per rimediarvi e altre riguardanti l’amministrazione delle parrocchie. Il regno di Clemente si trovò subito a dover fronteggiare una situazione molto difficile: in Portogallo molti auspicavano l’avvento del patriarcato; la Francia manteneva un rigido controllo della città pontificia di Avignone mentre il Regno di Napoli faceva la stessa cosa con quelle di Pontecorvo e Benevento; la Spagna mostrava un atteggiamento ostile, Parma di aperta sfida, Venezia era apertamente aggressiva; la Polonia prendeva in considerazione la possibilità d’imporre limitazioni ai diritti tradizionalmente accordati al nunzio apostolico.

Per evitare che i contrasti si acuissero Clemente si rese subito conto dell’assoluta necessità di assumere un atteggiamento più conciliante verso queste potenze. Per prima cosa decise di sospendere la pubblicazione della bolla In Coena Domini, in cui si confutava la legittimità delle decisioni delle autorità civili su quelle religiose; ristabilì poi le relazioni diplomatiche con il Portogallo, concedendo la porpora cardinalizia a Paulo de Carvalho de Mendoça, fratello del primo ministro il marchese di Pombal (anche se questi premorì alla creazione; il pontefice allora designò alla porpora cardinalizia João Cosme da Cunha, arcivescovo di Évora, indicato dal primo ministro stesso, in segno d’amicizia e di considerazione); abolì la commissione di vigilanza a suo tempo istituita contro Parma.

Ma le grandi potenze erano più che mai decise a distruggere la Compagnia di Gesù, e sapevano che il Papa le doveva assecondare, volente o nolente, in questa loro determinazione. Invano Clemente cercò l’appoggio di altre potenze all’estero. Persino Maria Teresa, una sua “grande elettrice”, soppresse l’ordine in Austria.

Invano Clemente temporeggiò, facendo anche parziali concessioni. Alla fine dovette suo malgrado convincersi che, per il bene della Chiesa, era necessario compiere questo sacrificio, e così, il 21 luglio 1773 promulgò il breve Dominus ac Redemptor con cui veniva decretato lo scioglimento della Compagnia di Gesù. La soppressione della Compagnia fu festeggiata dalle classi dominanti come una vittoria della ragione. In realtà fu una vittoria dell’Illuminismo e dell’Assolutismo sul papato. I gesuiti accettarono la decisione del pontefice senza opposizione alcuna. Su pressione delle Corti borboniche, il generale dei gesuiti, Lorenzo Ricci, fu arrestato e tenuto prigioniero in Castel Sant’Angelo fino alla sua morte (1775), avvenuta prima che terminasse il processo a suo carico.

Le grandi potenze dimostrarono immediatamente la loro soddisfazione, facendo sostanziali concessioni: Benevento, Pontecorvo e Avignone furono restituite alla Santa Sede. Austria e Germania incamerarono tutti i beni della Compagnia.
In Prussia e Russia, invece, l’ordine non fu sciolto, anzi ne venne proibita la soppressione per non rendere precario il sistema scolastico cattolico.

La morte

Nel corso dell’anno successivo allo scioglimento dell’ordine si verificò un repentino peggioramento della salute del Papa, che fu afflitto da depressione a da una paura morbosa di venire assassinato, e in breve tempo, il 22 settembre 1774, morì. La rapida decomposizione della salma generò il sospetto di un avvelenamento, ma che il decesso fosse dovuto solo all’età e a cause naturali fu confermarto sia dal medico personale che dal confessore, i quali dissiparono queste voci.

Venne sepolto in San Pietro e nel 1802 i suoi resti mortali furono traslati nella chiesa francescana di Santi Apostoli, dove il Canova gli eresse un monumento funebre.