Carlo V d’Asburgo

1500 - 1558

Carlo V d’Asburgo
Nazione: Belgio

ID: 2285

Carlo V d’Asburgo (Gand, 24 febbraio 1500 – Cuacos de Yuste, 21 settembre 1558) fu Re di Spagna (come Carlo I), Imperatore del Sacro Romano Impero (come Carlo V), Re di Napoli (come Carlo IV) e Duca di Borgogna (come Carlo II).

È stato una delle più importanti figure della storia dell’Europa, padrone di un impero talmente vasto ed esteso, su due continenti, che gli viene tradizionalmente attribuita l’affermazione secondo cui sul suo regno non tramontava mai il sole.

Origini familiari

Stemma imperiale e reale di Carlo V.
Stemma imperiale e reale di Carlo V.

Carlo era figlio di Filippo il Bello d’Asburgo, figlio a sua volta dell’Imperatore Massimiliano I d’Austria e di Maria di Borgogna, erede dei vasti possedimenti dei Duchi di Borgogna. La madre era invece Giovanna di Castiglia e d’Aragona, detta “la Pazza”, figlia dei re cattolici Ferdinando II d’Aragona e della sua consorte Isabella di Castiglia. In virtù di questi avi d’eccezione, Carlo poté ereditare un vastissimo impero, oltretutto in continua espansione, ed esteso su tre continenti (Europa, Africa e America). Nelle sue vene infatti scorreva sangue delle più disparate nazionalità: austriaca, tedesca, spagnola, francese, polacca, italiana e inglese.

Tramite il padre discendeva infatti, oltre che naturalmente dagli Asburgo, i quali ormai da tre secoli regnavano sull’Austria e da quasi 100 anni ininterrottamente sull’Impero Germanico, anche dalla casata polacca dei Piast, del ramo dei duchi di Masovia, attraverso la trisavola Cimburga di Masovia (e questa discendenza gli lascerà anche un segno fisico: il famoso “labbro sporgente all’Asburgo”). Il marito di Cimburga, il duca di Stiria Ernesto il Ferreo, era invece figlio di Verde Visconti e ciò rendeva Carlo diretto discendente dei Visconti di Milano e quindi pretendente legittimo al Ducato di Milano. Tramite la nonna Maria, duchessa di Borgogna, egli discendeva invece dai Re di Francia della Casa dei Valois, diretti discendenti di Ugo Capeto; ciò rendeva dunque Carlo discendente del grande casato dei Capetingi, e quindi anche del fondatore dell’Impero, il suo omonimo Carlo Magno.

La madre Giovanna invece gli portò la discendenza dalla grande casata castigliana e aragonese dei Trastámara. Essi a loro volta avevano riunito nel loro blasone le eredità delle antiche casate iberiche di Barcellona, primi re di Aragona, di León, Castiglia e Navarra, discendenti degli antichi re delle Asturie, di origine visigota. I Re di Aragona erano inoltre discendenti degli Hohenstaufen tramite Costanza, figlia di re Manfredi; questo fatto permise a Carlo (che si trovava in questo modo a discendere dall’Imperatore Federico II di Svevia, detto lo “Stupor Mundi”), di ereditare i regni di Napoli e Sicilia. Infine, due sue trisavole del lato materno erano Caterina e Filippa di Lancaster, entrambe figlie di Giovanni di Gand, figlio cadetto di Edoardo III Plantageneto, re d’Inghilterra.

Biografia

Dalla nascita all’incoronazione di Aquisgrana (1500-1520)

Carlo V d'Asburgo.
Carlo V d’Asburgo.

Il 21 ottobre 1496, Massimiliano I d’Asburgo, Arciduca d’Austria, nonché Imperatore del Sacro Romano Impero, mediante un’accorta “politica matrimoniale”, fece in modo che il proprio figlio ed erede al trono, Filippo, detto “il bello”, prendesse in moglie Giovanna di Castiglia, figlia minore dei cattolici sovrani di Spagna Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. I due si trasferirono nel 1499 da Bruxelles nell’antica capitale Gand, situata nella Contea di Fiandra, e il 24 febbraio 1500 nacque Carlo, perciò inizialmente detto Carlo di Gand.

Oltre a Carlo, alla coppia nacquero altri cinque figli. Eleonora, la primogenita, che andò in sposa prima ad Emanuele I di Aviz, Re del Portogallo e poi a Francesco I di Valois-Angoulême, Re di Francia. Dopo di lui, in successione, nacquero: Isabella che andò in sposa a Cristiano II di Oldenburg, Re di Danimarca; Ferdinando che sposò Anna Jagellone d’Ungheria dando inizio a un rinnovato ramo austriaco degli Asburgo; Maria che andò sposa a Luigi II d’Ungheria e Boemia e infine Caterina che andò sposa a Giovanni III di Aviz, Re del Portogallo.

Carlo sarebbe divenuto in breve tempo il sovrano più potente del mondo. L’unico figlio maschio dei nonni materni era già scomparso nel 1497, senza lasciare eredi. Immediatamente dopo morì anche la loro figlia primogenita e nello stesso anno 1500 scomparve anche l’unico figlio maschio di quest’ultima, a cui sarebbe toccata l’eredità di Castiglia e d’Aragona. Per cui, nell’anno 1504, con la morte della Regina Isabella, sua figlia Giovanna, madre di Carlo, divenne l’erede di tutti i beni di Castiglia e Carlo stesso ne divenne, a sua volta, erede potenziale.

Alla morte del padre avvenuta il 25 settembre 1506, Massimiliano in poco tempo trovò nella zia di Carlo, l’Arciduchessa Margherita d’Asburgo la nuova reggente, nominata governatrice dei Paesi Bassi nel 1507. La madre Giovanna venne colpita da presunta follia e si trovò nell’impossibilità di governare, quindi la reggenza di Castiglia fu assunta dal padre Ferdinando il Cattolico. A causa di questa infermità, Giovanna di Castiglia divenne comunemente nota come “Giovanna la Pazza”.Carlo si trovò dunque all’età di sei anni ad essere il potenziale erede oltre che di Castiglia, anche d’Austria e di Borgogna, da parte dei nonni paterni, in quanto il nonno Massimiliano d’Asburgo aveva sposato Maria di Borgogna, ultima erede dei Duchi di Borgogna.

Carlo fu educato da Robert de Gand, Adrian Wiele, Juan de Anchieta, Luis Vaca e Charles de Poupet signore di Chaulx. Il suo tutore fu nel 1507 Adriaan Florenza di Utrecht, all’epoca decano di San Pietro e vice-cancelliere dell’università, il futuro papa Adriano VI. Dal 1509 suo tutore fu Guillaume de Croy, Signore di Chièvres. Tutta l’educazione del giovane principe si svolse nelle Fiandre e fu ammantata di cultura fiamminga e in lingua francese, nonostante i suoi natali austro-ispanici.Praticò la scherma, fu abile cavallerizzo ed esperto nel torneare, ma di salute precaria, soffrendo anche di epilessia in gioventù. Il 5 gennaio 1515, nella sala degli Stati del palazzo di Bruxelles, Carlo fu dichiarato maggiorenne e fu proclamato nuovo Duca di Borgogna. Gli fu, quindi, affiancato un consiglio ristretto di cui facevano parte Guillaume de Croy, Adriano di Utrecht e il Gran Cancelliere Jean de Sauvage, mentre la corte all’epoca era numerosa e richiedeva cospicui finanziamenti.

Al tempo dell’incoronazione di Francesco I di Francia, il re invitò Carlo quale duca di Borgogna alla festa di celebrazione; egli inviò in sua vece Enrico di Nassau e Michel de Sempy,che trattarono anche affari di stato: si discuteva in particolare, di un possibile matrimonio fra Carlo e Renata di Francia (la secondogenita di Luigi XII di Francia e di Anna di Bretagna). Ferdinando II d’Aragona avrebbe voluto come erede l’infante Ferdinando, suo nipote e non Carlo, per questo in Spagna venne inviato con intenti diplomatici Adriano di Utrecht. Il 23 gennaio 1516 morì il nonno materno Re Ferdinando d’Aragona. Carlo, a soli sedici anni, ereditò anche il trono d’Aragona, concentrando nelle sue mani tutta la Spagna, per cui poté fregiarsi del titolo di Re di Spagna a tutti gli effetti, assumendo il nome di Carlo I.

Il 14 marzo ci fu la proclamazione ufficiale. Per quanto riguarda la vera erede al trono di Castiglia, la madre Giovanna, per via della sua riconosciuta infermità mentale, dovette cedere i suoi poteri effettivi al figlio Carlo, anche se dal punto di vista dinastico fu Regina fino alla sua morte, avvenuta nell’anno 1555. Nel 1516 Erasmo da Rotterdam accettò l’incarico di consigliere di Carlo I di Spagna; egli, in una lettera inviata a Tommaso Moro, si dimostrava alquanto perplesso circa le effettive capacità intellettuali del principe che pur essendo divenuto Re di Spagna era di lingua madre francese, e imparò lo spagnolo solo successivamente e in maniera superficiale. Una volta ereditato il trono di Spagna, Carlo aveva necessità di essere riconosciuto Re dai propri sudditi, in quanto, pur avendo come ascendenti i sovrani castigliano-aragonesi, era pur sempre un Asburgo. La richiesta avanzata in tal senso il 21 marzo 1516 venne rifiutata.

All’epoca Francisco Jiménez de Cisneros, arcivescovo di Toledo, era reggente di Castiglia, l’arcivescovo di Saragozza reggente d’Aragona, mentre Adriano di Utrecht era reggente inviato da Carlo. Carlo esitava mentre Jimenez dovette affrontare i disordini siciliani (che culminarono con la fuga del viceré Hugo de Monarca) e i rinnegati Horudj e Kahir ad-din. Si giunse al Trattato di Noyon, in cui si stabiliva il matrimonio fra Carlo e madame Luisa, la figlia di Francesco I,[20] ma tali accordi suscitarono l’indignazione spagnola. I negoziati con l’Inghilterra vennero lasciati alla diplomazia di Giacomo di Lussemburgo che riuscì a stringere un accordo favorevole. Intanto la sorella Eleonora aveva raggiunto i 18 anni e Carlo stava progettando un matrimonio diplomatico, ma la donna era innamorata e corrisposta dal conte palatino Federico. La corrispondenza fra i due venne scoperta e l’uomo esiliato dalla corte, mentre la ragazza fu destinata al re del Portogallo.

L’8 settembre Carlo partì da Flessinga con quaranta navi alla volta delle coste spagnole: il viaggio durò 10 giorni. Dopo un lungo tragitto sulla terraferma incontrarono il fratello Ferdinando e giunsero nella città di Valladolid. Giunse la notizia della morte di Jiménez avvenuta l’8 novembre. Carlo inviò il fratello dalla loro zia Margherita mentre cercò di ingraziarsi il popolo con un torneo che venne sospeso da lui stesso per l’efferatezza con cui si duellava. A quei tempi recava sullo scudo il motto Nondum non ancora. Convocate le Cortes di Castiglia sul finire del 1517, venne riconosciuto finalmente Re nel febbraio 1518 mentre le Cortes avanzarono ben 88 richieste fra cui quella che il sovrano parlasse lo spagnolo. Il 22 marzo lasciò la città diretto a Saragozza, dove affrontò con difficoltà le Cortes d’Aragona, tanto che rimase nella città per diversi mesi.

Intanto, il gran cancelliere Jean de Sauvage moriva il 7 giugno 1518; gli succedette Mercurino di Gattinara, mentre continuavano le trattative con le Cortes di Catalogna, convocate a Barcellona, dove Carlo rimase per buona parte del 1519, fino al riconoscimento della sua sovranità. Uno degli atti del re prima di abbandonare la Spagna fu quella di appoggiare l’armamento e la formazione di una lega contro i pirati musulmani che infestavano le coste spagnole ed europee e rendevano pericolosa la navigazione nel Mediterraneo. Successivamente, dovette recarsi in Austria per raccogliere anche l’eredità asburgica. Il 12 gennaio 1519, infatti, con la morte del nonno paterno Massimiliano I, Carlo, che era già Re di Spagna da tre anni, concorse per la successione imperiale. Gli altri pretendenti erano Enrico VIII d’Inghilterra e Francesco I. L’imperatore veniva eletto da sette elettori: i vescovi di Magonza, Colonia e Treviri, e i signori laici di Boemia, del Palatinato, Sassonia e Brandeburgo.

Nell’occasione, per finanziare l’offerta e pagare gli elettori, Carlo venne appoggiato dai banchieri Fugger di Augusta, nella persona di Jacob II, mentre il cardinale Wolsey si impegnò per Enrico. L’elezione si risolse quando fu chiara la posizione di papa Leone X, che aveva nella persona di Federico il Saggio di Sassonia il successore; questi declinò l’offerta in favore di Carlo. Carlo venne eletto dai principi elettori con voto unanime e a soli diciannove anni ascendeva anche al trono d’Austria, entrando in possesso, a pieno titolo, dell’eredità borgognona della nonna paterna. Nello stesso anno, precisamente il 28 giugno 1519, nella città di Francoforte, fu eletto Imperatore del S.R.I. Carlo fu incoronato Re dei Romani dall’arcivescovo di Colonia il 23 ottobre 1520 nella cattedrale di Aquisgrana. Carlo di Gand, a capo del S.R.I., avrebbe assunto il nome di Carlo V e come tale è passato alla storia.

Dalla spedizione di Algeri alla morte di Francesco I (1541-1547)

Domini di Carlo V
Domini di Carlo V

A seguito di questa sconfitta, Francesco I, nel mese di luglio del 1542, diede l’avvio alla quarta guerra contro l’Imperatore che si concluse soltanto nel mese di settembre del 1544 con la firma della pace di Crépy, dalla quale il Re di Francia uscì nettamente sconfitto ancora una volta, anche se poté mantenere alcuni territori occupati durante il conflitto e appartenenti al Ducato di Savoia. Francesco, infatti, non solo dovette rinunciare definitivamente ai suoi sogni di conquista dell’Italia, ma dovette impegnarsi anche ad appoggiare l’apertura di un Concilio sulla questione luterana. La qual cosa puntualmente avvenne. Nel giugno 1543 Carlo V, mentre era in viaggio verso Trento, incontrò papa Paolo III a Busseto nella Villa Pallavicino.

Proseguendo il viaggio, si intrattenne nel Castello di Canneto con Ferrante Gonzaga, col cardinale Ercole Gonzaga e con Margherita Paleologa, per legittimare a suo figlio Francesco la duplice investitura nei titoli di Duca di Mantova e Marchese del Monferrato, oltre a concordare le sue future nozze con Caterina, nipote dell’imperatore. Il 28 giugno dello stesso anno l’imperatore fu ospite per un giorno della corte del marchese Aloisio Gonzaga a Castel Goffredo, che gli offrì le chiavi della fortezza. Visitò anche il Castello di Medole e il Convento dell’Annunciata, donando ai padri agostiniani un prezioso breviario rilegato in argento.Il Pontefice Paolo III convocò, infatti, un Concilio ecumenico nella città di Trento, i cui lavori furono ufficialmente aperti il 15 dicembre 1545.

Fu un Concilio del quale sia il Re che l’Imperatore non avrebbero mai visto la conclusione, così come neppure il Pontefice che lo aveva convocato. Poiché i protestanti si rifiutarono di riconoscere il Concilio di Trento, l’Imperatore mosse loro guerra nel mese di giugno del 1546, forte di un esercito composto dai pontifici al comando di Ottavio Farnese, dagli austriaci di Ferdinando d’Austria, fratello dell’Imperatore, e dai soldati dei Paesi Bassi al comando del Conte di Buren. L’Imperatore era affiancato da Maurizio di Sassonia che era stato abilmente sottratto alla Lega Smalcaldica. Carlo V conseguì una schiacciante vittoria nella battaglia di Mühlberg nel 1547, a seguito della quale i principi tedeschi si ritirarono e si sottomisero all’Imperatore. Celebre è il ritratto eseguito da Tiziano nel 1548 e conservato al Museo del Prado di Madrid per celebrare questa vittoria. In esso l’Imperatore è raffigurato a cavallo, con armatura, cimiero e una picca nelle mani, nell’atto di guidare le sue truppe in battaglia.

Invero, le cronache dell’epoca riferirono che l’Imperatore seguì la battaglia da molto lontano, steso su una lettiga, in quanto impossibilitato a muoversi a causa di uno dei suoi frequenti attacchi di gotta. Un male che lo afflisse per tutta la vita, causato dalla sua smodata passione per i piaceri della buona tavola. Per i primi due anni il Concilio si dibatté su questioni di carattere procedurale, mancando l’accordo tra il Papa e l’Imperatore: infatti mentre l’Imperatore cercava di portare il dibattito su temi riformisti, il Papa cercava di portarlo, invece, più su temi di carattere teologico. Il 31 maggio del 1547 vide la morte del Re Francesco I e, poiché il Delfino Francesco era morto prematuramente nel 1536 all’età di 18 anni, salì sul trono di Francia il secondogenito di Francesco I, col nome di Enrico II. Non solo, ma, nello stesso anno, Paolo III trasferì la sede del Concilio da Trento a Bologna, col preciso scopo di sottrarlo all’influenza dell’Imperatore, anche se la motivazione ufficiale dello spostamento fu la peste.

Dalla morte di Francesco I all’assedio di Metz (1547-1552)

Carlo nella battaglia di Mühlberg (Ritratto di Carlo V a cavallo, Tiziano, 1548)
Carlo nella battaglia di Mühlberg (Ritratto di Carlo V a cavallo, Tiziano, 1548)

Carlo V era ormai giunto al culmine della sua potenza. Il suo grande antagonista, Francesco I, era scomparso. La Lega di Smalcalda era stata vinta. Il Ducato di Milano, nelle mani di Ferdinando Gonzaga, era agli ordini dell’Imperatore, così come Genova, la Savoia e i Ducati di Ferrara, Toscana e Mantova, oltre alle Repubbliche di Siena e Lucca. L’Italia meridionale era già da tempo un vicereame spagnolo. Papa Paolo III, per opporsi a tale strapotere, null’altro poteva fare se non stringere un accordo con il nuovo Re di Francia.

Il culmine della sua potenza, però, coincise anche con l’inizio del suo declino. Infatti, nel biennio 1546-1547, Carlo V dovette fronteggiare alcune congiure anti-spagnole in Italia. A Lucca, nel 1546, Francesco Burlamacchi tentò di instaurare in tutta la Toscana uno Stato repubblicano. A Genova, Gianluigi Fieschi organizzò, senza successo, una rivolta a favore della Francia. A Parma, infine nel 1547, Ferdinando Gonzaga conquistò Parma e Piacenza a spese del duca Pier Luigi Farnese (figlio del Pontefice), ma la conquista fallì per mano del duca Ottavio Farnese che riconquistò il Ducato, il quale fu successivamente riconquistato ancora una volta dal Gonzaga.

Papa Paolo III morì il 10 novembre del 1549. Gli successe il Cardinal Giovanni Maria Ciocchi del Monte che assunse il nome di Giulio III. Il nuovo Papa, la cui elezione era stata favorita dai cardinali Farnese presenti in Conclave, come ringraziamento verso il casato dei Farnese, dispose la restituzione a Ottavio Farnese del Ducato di Parma che era stato riconquistato nel 1551 da Ferdinando Gonzaga. Ottavio, credendo a Gonzaga sulla volontà del suocero di togliergli il ducato, s’avvicinò alla Francia, di seguito il pontefice lo dichiarò decaduto dal titolo, così che strinse definitivamente un’alleanza con Enrico II. Giulio III intravedeva in tutto questo un coinvolgimento della Santa Sede che l’avrebbe condotta a schierarsi a fianco del Re.

La qual cosa contrastava con il principio di neutralità che il Papa si era imposto al momento della sua elezione, a salvaguardia del proprio potere temporale. Questa alleanza, infatti, provocò un nuovo conflitto tra il Regno e l’Impero, nel quale il Pontefice si trovò legato, giocoforza, a Carlo V. Qualche anno dopo, però, il Papa strinse un accordo con Enrico II, passando, di fatto, nell’altro campo, adducendo, a sostegno della sua scelta, il fatto che il luteranesimo si stava espandendo anche in Francia e che le casse dello Stato Pontificio erano ormai esaurite. Questo accordo, però, per patto tra i due, avrebbe dovuto essere ratificato dall’Imperatore.

Carlo V, trovandosi in difficoltà per ragioni di carattere interno nei suoi territori in Germania, ratificò l’accordo e ritenne che il conflitto con la Francia fosse esaurito. Invece Enrico II cominciò una nuova avventura: la conquista di Napoli; a tanto sollecitato da Ferdinando Sanseverino, Principe di Salerno, il quale riuscì a convincere il Re di Francia a un intervento militare nel meridione d’Italia con lo scopo di liberarla dall’oppressione spagnola. Allo stesso modo come fece il suo predecessore Antonello Sanseverino allorquando spinse Carlo VIII alla conquista di Napoli. Re Enrico, ben sapendo che da solo non sarebbe mai riuscito a strappare l’Italia meridionale a Carlo V, si alleò con i Turchi, e progettò l’invasione attraverso un’operazione congiunta della flotta turca e di quella francese.

Nell’estate del 1552, la flotta turca, al comando di Sinan Pascià, sorprese la flotta imperiale, al comando di Andrea Doria e don Giovanni de Mendoza, al largo di Ponza. La flotta imperiale fu clamorosamente sconfitta. Ma poiché la flotta francese non riuscì a ricongiungersi con quella turca, l’obiettivo dell’invasione del napoletano fallì. In Germania, intanto, l’Imperatore, dopo la vittoria di Mühlberg, aveva adottato una politica estremamente autoritaria, la quale ebbe come conseguenza la formazione di un’alleanza tra i Principi riformati della Germania del Nord, il Duca d’Assia e il Duca Maurizio di Sassonia, in funzione anti-imperiale. Questa Lega, nel mese di gennaio del 1552, a Chambord, sottoscrisse un accordo con il Re di Francia.

Questo accordo prevedeva il finanziamento delle truppe della Lega da parte della Francia, in cambio della riconquista delle città di Cambrai, Toul, Metz e Verdun. Il permesso accordato al Re di Francia da parte della lega dei Principi protestanti, per l’occupazione delle città di Cambrai, Toul, Metz e Verdun, fu un vero e proprio tradimento verso l’Imperatore. La guerra con la Francia scoppiò, quindi, inevitabilmente nel 1552, con l’invasione dell’Italia del Nord da parte delle truppe francesi. Ma il vero obiettivo di Re Enrico era l’occupazione delle Fiandre, sogno mai appagato anche del padre Francesco I. Infatti Enrico si mise personalmente alla testa delle sue truppe e diede inizio alle operazioni militari nelle Fiandre e in Lorena.

L’iniziativa di Enrico II colse di sorpresa l’Imperatore, il quale, non potendo raggiungere i Paesi Bassi a causa dell’interposizione dell’esercito francese, dovette ripiegare sul Nord Tirolo, con una fuga precipitosa e, invero, alquanto indecorosa verso Innsbruck. Rientrato in Austria Carlo V iniziò il rafforzamento del suo contingente militare facendo affluire rinforzi e danaro sia dalla Spagna che da Napoli; la qual cosa indusse Maurizio di Sassonia, condottiero delle truppe francesi, ad aprire trattative con l’Imperatore, nel timore di una sconfitta. Nei colloqui, svoltisi a Passavia, tra i principi protestanti capeggiati da Maurizio di Sassonia e l’Imperatore, si giunse a un accordo che prevedeva maggiori libertà religiose per i riformati in cambio dello scioglimento dell’alleanza con Enrico II. La qual cosa avvenne nell’agosto del 1552.

Con il Trattato di Passavia l’Imperatore riuscì ad annullare gli accordi di Chambord tra i principi protestanti e il Re di Francia, ma vide vanificate tutte le conquiste ottenute con la vittoria di Mühlberg. Una volta ottenuto l’isolamento della Francia, Carlo V, nell’autunno dello stesso anno, iniziò una campagna militare contro i francesi per la riconquista della Lorena, mettendo sotto assedio la città di Metz, difesa da un contingente comandato da Francesco I di Guisa. L’assedio, durato praticamente fino alla fine dell’anno, si concluse con un fallimento e il successivo ritiro delle truppe imperiali. Questo episodio è storicamente considerato l’inizio del declino di Carlo V. Fu a seguito di questa circostanza, infatti, che l’Imperatore cominciò a pensare alla propria successione.

Dall’assedio di Metz all’abdicazione (1552-1556)

Ritratto eseguito dal Tiziano poco prima dell'abdicazione (1548)
Ritratto eseguito dal Tiziano poco prima dell’abdicazione (1548)

All’indomani del fallimento dell’assedio di Metz e della mancata riconquista della Lorena, Carlo V entrò in una fase di riflessione: su se stesso, sulla sua vita e sulle sue vicende oltre che sullo stato dell’Europa. La vita terrena di Carlo V si stava avviando alla conclusione. I grandi protagonisti che assieme a lui avevano calcato la scena europea nella prima metà del XVI secolo erano tutti scomparsi: Enrico VIII d’Inghilterra e Francesco I di Francia nel 1547, Martin Lutero nel 1546, Erasmo da Rotterdam dieci anni prima e Papa Paolo III nel 1549. Il bilancio della sua vita e di ciò che aveva compiuto non poteva dirsi del tutto positivo, soprattutto in rapporto agli obiettivi che si era prefissato.

Il suo sogno di Impero universale sotto la guida asburgica era fallito; così come era fallito il suo obiettivo di riconquistare la Borgogna. Egli stesso, pur professandosi il primo e più fervente difensore della Chiesa di Roma, non era stato in grado di impedire l’affermarsi della dottrina luterana. I suoi possedimenti oltre-atlantico si erano accresciuti enormemente ma senza che i suoi governatori fossero stati in grado di dar loro delle valide strutture amministrative. Aveva però consolidato il dominio spagnolo sull’Italia, che sarà ufficializzato soltanto dopo la sua morte con la pace di Cateau-Cambrésis nel 1559, e che sarebbe durato per centocinquanta anni. Così come era riuscito, con l’aiuto dell’Arciduca Ferdinando suo fratello a fermare l’avanzata dell’Impero ottomano verso Vienna e il cuore dell’Europa.

Carlo V cominciava a prendere coscienza che l’Europa si avviava ad essere retta da nuovi Principi i quali, in nome del mantenimento dei propri Stati, non intendevano minimamente alterare l’equilibrio politico-religioso all’interno di ciascuno di essi. La sua concezione dell’Impero stava tramontando e cominciava ad affermarsi il potere della Spagna. Nel 1554 si celebrarono le nozze tra Maria Tudor (Maria la sanguinaria), Regina d’Inghilterra e figlia di Enrico VIII, con Filippo; nozze fortemente volute da Carlo V che vedeva nell’unione tra la Regina d’Inghilterra e il proprio figlio, futuro Re di Spagna, un’alleanza fondamentale in funzione antifrancese e a difesa anche dei territori delle Fiandre e dei Paesi Bassi.

Per accrescere il prestigio del proprio figlio ed erede, l’Imperatore assegnò a Filippo, definitivamente, il Ducato di Milano, il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia, che andavano ad aggiungersi alla reggenza del Regno di Spagna di cui Filippo era già in possesso da alcuni anni. Questa crescita di potere nelle mani di Filippo non fece altro che aumentare l’ingerenza di quest’ultimo nella conduzione degli affari di stato che causò un incremento della conflittualità con il proprio genitore. Questa conflittualità ebbe come conseguenza una cattiva gestione delle operazioni militari contro la Francia che erano riprese proprio nel 1554.

Il teatro del conflitto era costituito dai territori fiamminghi. L’esercito francese e quello imperiale si confrontarono in aspre battaglie fino all’autunno inoltrato, quando iniziarono le trattative per una tregua di cui tutti avevano bisogno, soprattutto a causa del dissanguamento finanziario di entrambe le parti. La tregua fu conclusa, dopo estenuanti trattative, a Vauchelles nel mese di febbraio 1556 e, ancora una volta, così come spesso era accaduto in passato, le ostilità si conclusero con un nulla di fatto, nel senso che restavano congelate le posizioni acquisite. Ciò significava che la Francia manteneva l’occupazione del Piemonte e delle città di Metz, Toul e Verdun. Carlo V, a questo punto degli avvenimenti, fu costretto a dover prendere decisioni importanti per il futuro della sua persona, della sua famiglia e degli Stati d’Europa sui quali si stendeva il suo dominio.

Era giunto a 56 anni di età e la sua salute era alquanto malferma. L’anno precedente, il 25 di settembre, aveva sottoscritto con i Principi protestanti, tramite il fratello Ferdinando, la Pace di Augusta, a seguito della quale si pervenne alla pacificazione religiosa in Germania, con l’entrata in vigore del principio cuius regio, eius religio, con cui si sanciva che i sudditi di una regione dovevano professare la religione scelta dal loro reggente.[45] Era il riconoscimento ufficiale della nuova dottrina luterana. Questi avvenimenti indussero il nuovo Papa, Paolo IV, al secolo Gian Pietro Carafa, napoletano, eletto appena l’anno precedente, a stringere una solida alleanza con il Re di Francia in funzione anti-imperiale. Paolo IV, infatti, riteneva che l’Imperatore non fosse più il baluardo della Chiesa di Roma contro gli attacchi provenienti dalla nuova dottrina luterana, soprattutto dopo il Trattato di Passavia e la Pace di Augusta.

Ecco perché ritenne opportuno stringere alleanza con la Francia. Il Principe Filippo ormai governava sia sulla Spagna che sulle Fiandre oltre che nel Regno di Napoli e nel Ducato di Milano. Il matrimonio di Filippo con la Regina d’Inghilterra assicurava una salda alleanza antifrancese. Il fratello Ferdinando aveva acquistato potere in tutti i possedimenti asburgici e lo esercitava con competenza e saggezza oltre che con notevole autonomia dall’Imperatore. I legami con il Papa si erano ormai allentati, sia a causa delle risultanze della Pace di Augusta e sia per la svolta subita dalla Chiesa cattolica con l’avvento del Carafa al soglio pontificio.

Tutte queste considerazioni lo indussero a decidere per la propria abdicazione, che ebbe luogo con una serie di passaggi successivi. Come Duca di Borgogna aveva già abdicato in favore del figlio Filippo II, nella città di Bruxelles il 25 ottobre 1555. Il 16 gennaio del 1556 Carlo V cedette le corone di Spagna, Castiglia, Sicilia e delle Nuove Indie ancora al figlio Filippo, al quale cedette anche la Franca Contea nel giugno dello stesso anno e la corona aragonese nel mese di luglio. Il 12 settembre dello stesso anno cedette la corona imperiale al fratello Ferdinando. Subito dopo, accompagnato dalle sorelle Eleonora e Maria, partì per la Spagna diretto al monastero di San Jerónimo di Yuste nell’Estremadura.

Gli ultimi anni (1556-1558)

Carlo salpò dal porto fiammingo di Flessinga il 15 settembre 1556 con una flotta di oltre sessanta navi e un seguito di 2500 persone, destinate a diminuire via via nel corso del viaggio. Tredici giorni dopo, l’ex sovrano sbarcò nel porto spagnolo di Laredo. Il 6 di ottobre iniziò il viaggio attraverso la Castiglia che lo condusse prima a Burgos dove giunse il 13 ottobre e poi a Valladolid dove giunse il 21 dello stesso mese. Dopo due settimane di sosta, accompagnato da alcuni cavalieri e cinquanta alabardieri, riprese il viaggio verso l’Estremadura che lo avrebbe condotto in una località chiamata Vera de Plasencia, nei pressi della quale sorgeva il monastero di San Jerónimo di Yuste, ove giunse il 3 febbraio 1557. Qui i monaci lo accolsero in processione, intonando il Te deum.

Carlo non risedette mai all’interno del monastero, bensì in una modesta palazzina che si era fatto costruire anni addietro, in adiacenza al muro di cinta, ma all’esterno, orientata a Sud e ben soleggiata. Nonostante il luogo piuttosto lontano dai centri di potere, egli continuò a mantenere rapporti con il mondo politico, senza per questo venir meno alla sua volontà di soddisfare l’aspetto ascetico della propria indole. Continuò ad essere prodigo di consigli sia alla figlia Giovanna, reggente della Spagna, e sia al figlio Filippo che governava i Paesi Bassi. Soprattutto in occasione del conflitto scoppiato con Enrico II di Francia, nel quale Carlo, dal suo eremo di Yuste e con l’aiuto della Spagna, riuscì a riorganizzare l’esercito di Filippo il quale ottenne una schiacciante vittoria sui francesi nella battaglia di San Quintino il 10 agosto 1557.

Va ricordato che il comandante in capo dell’esercito di Filippo II era il duca Emanuele Filiberto di Savoia, detto “Testa di Ferro”. Il 28 febbraio del 1558, i Principi tedeschi, riuniti nella Dieta di Francoforte, presero atto delle dimissioni dal titolo di Imperatore che Carlo V aveva presentato due anni prima e riconobbero in Ferdinando il nuovo Imperatore. Carlo usciva definitivamente dalla scena politica. Il 18 febbraio 1558 morì la sorella Eleonora. Carlo, presago che la sua vita terrena volgeva ormai al termine, accentuò ancor più il suo carattere ascetico, assorto sempre più nella penitenza e nella mortificazione. Ciò nonostante non disdegnava i piaceri della buona tavola, cui si lasciava andare, nonostante fosse afflitto da gotta e diabete, e sordo ai consigli dei medici che lo spingevano a una dieta meno ricca.

Nel corso dell’estate la sua salute diede segni di peggioramento che si manifestò con febbri sempre più frequenti che lo costringevano spesso a letto, dal quale poteva assistere ai riti religiosi attraverso una finestra che aveva fatto aprire in una parete della sua camera da letto e che prospettava direttamente nella chiesa. Il 19 di settembre chiese l’estrema unzione, dopo di che si sentì rianimato e la sua salute manifestò qualche segno di ripresa. Il giorno successivo, stranamente, quasi avesse avuto un presentimento, chiese e ottenne l’estrema unzione per la seconda volta.

Morì il 21 settembre 1558, probabilmente di malaria, dopo tre settimane di agonia. Le cronache riferirono che, approssimandosi il momento del trapasso, Carlo, stringendo al petto un crocefisso ed esprimendosi in lingua spagnola, abbia esclamato: “Ya, voy, Señor” (Sto venendo Signore). Dopo una breve pausa, urlando, abbia esclamato ancora: “¡Ay Jesus!” ed esalò l’ultimo respiro. Erano le due del mattino. Il suo corpo fu immediatamente imbalsamato e sepolto sotto l’altare della piccola Chiesa di Yuste. Sedici anni dopo la sua salma fu traslata dal figlio Filippo nel monastero di San Lorenzo, all’interno del grande palazzo dell’Escorial che lo stesso Filippo aveva fatto costruire sulle colline a Nord di Madrid, e destinato a luogo di sepoltura di tutti i sovrani Asburgo di Spagna.

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carlo V