Carlo Alberto di Savoia

1798 - 1849

Carlo Alberto di Savoia
Nazione: Italia

ID: 2242

Carlo Alberto Emanuele Vittorio Maria Clemente Saverio di Savoia-Carignano (Torino, 2 ottobre 1798 – Oporto, 28 luglio 1849) fu Re di Sardegna e Principe di Piemonte dal 27 aprile 1831 al 23 marzo 1849. Fu inoltre, tra gli altri titoli, principe di Carignano, duca di Savoia e di Genova e conte di Barge.

Durante il periodo napoleonico visse in Francia dove acquisì un’educazione liberale. Come principe di Carignano nel 1821 diede e poi ritirò l’appoggio ai congiurati che volevano imporre la costituzione a re Vittorio Emanuele I di Sardegna. Divenne conservatore e partecipò alla spedizione legittimista contro i liberali spagnoli del 1823.

Non destinato al trono, diventò re dello Stato sabaudo nel 1831 alla morte dello zio Carlo Felice che non aveva eredi.

Da sovrano, dopo un primo periodo conservatore durante il quale appoggiò vari movimenti legittimisti d’Europa, nel 1848 aderì alle idee ispirate ad un’Italia federata guidata dal papa e libera dagli Asburgo. Nello stesso anno concesse lo Statuto Albertino, la carta costituzionale che rimarrà in vigore (prima nel Regno di Sardegna e poi nel Regno d’Italia) fino al 1947.

Guidò le forze che portarono alla prima guerra di indipendenza contro l’Austria, ma, abbandonato da papa Pio IX e Ferdinando II di Borbone, nel 1849 fu sconfitto e abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele. Morì in esilio qualche mese dopo nella città portoghese di Oporto.

Il suo tentativo di liberare l’Italia settentrionale dall’Austria rappresentò il primo sforzo dei Savoia di mutare gli equilibri della penisola dettati dal Congresso di Vienna. L’opera sarà ripresa con successo dal figlio Vittorio Emanuele che diverrà il primo re d’Italia.

Carlo Alberto ebbe diversi soprannomi, fra cui Italo Amleto, assegnatogli da Giosuè Carducci per il suo carattere cupo, conflittuale ed enigmatico. Ebbe anche l’appellativo di Re Tentenna, perché oscillò a lungo tra la firma dello Statuto e le influenze del suo passato da reazionario.

Le origini e la prima giovinezza (fino al 1814)

Ritratto giovanile di Carlo Alberto.
Ritratto giovanile di Carlo Alberto.

Carlo Alberto nacque a Palazzo Carignano a Torino, figlio di Carlo Emanuele e Maria Cristina Albertina di Sassonia. Venne tenuto a battesimo il giorno dopo la nascita dal re di Sardegna Carlo Emanuele IV e dalla consorte, la regina Maria Clotilde di Borbone.

Carlo Alberto era il settimo principe di Carignano, il ramo cadetto dei Savoia discendente dal capostipite Tommaso Francesco. Non appartenendo al ramo principale della dinastia, al momento della nascita, le sue possibilità di salire al trono erano molto basse. Benché infatti re Carlo Emanuele IV non avesse figli, alla sua morte il trono sarebbe passato al fratello Vittorio Emanuele e, in subordine, al figlio di quest’ultimo, Carlo Emanuele. In ordine di successione seguiva poi un secondo fratello di Carlo Emanuele IV, Maurizio Giuseppe e poi ancora un altro fratello, Carlo Felice. Ma nel 1799, e cioè un anno dopo la nascita di Carlo Alberto, morirono 2 dei 4 esponenti di casa Savoia che lo precedevano nella successione: il piccolo Carlo Emanuele (di vaiolo a 3 anni) e Maurizio Giuseppe (di malaria, in Sardegna).

Il periodo napoleonico

Il padre di Carlo Alberto, Carlo Emanuele di Carignano, aveva studiato in Francia ed era stato ufficiale nell’esercito francese. Simpatizzante delle idee liberali, si trasferì a 27 anni a Torino, da dove re Carlo Emanuele IV a causa dell’invasione napoleonica del 1796 partì per l’esilio. Carlo Emanuele di Carignano, assieme alla moglie Maria Cristina Albertina, aderirono invece alla causa napoleonica. Nonostante ciò i due furono tradotti a Parigi dove, sospettati, vennero tenuti sotto sorveglianza e costretti a vivere quasi in miseria in una casa nei sobborghi. Qui iniziarono a crescere i loro figli: Carlo Alberto e Maria Elisabetta, nata il 13 aprile 1800.

Il 16 agosto dello stesso anno, Carlo Emanuele di Carignano morì improvvisamente. La madre di Carlo Alberto si trovò così sola, alle prese con i francesi che non avevano alcuna intenzione di riconoscerle meriti, titoli o proprietà. D’altronde ella rifiutò l’invito dei Savoia ad affidare loro il figlio per educarlo secondo i canoni conservatori. Nel 1808, Albertina si sposò in seconde nozze con Giuseppe Massimiliano Thibaut di Montléart, con il quale Carlo Alberto ebbe un pessimo rapporto.

All’età di 12 anni Carlo Alberto e la madre furono finalmente ricevuti da Napoleone Bonaparte, che conferì al ragazzo il titolo di conte e una rendita vitalizia. Non essendo più opportuno farlo studiare a casa, nel 1812 il giovane entrò nel collegio San Stanislao (Collège Stanislas) a Parigi. Alla scuola rimase due anni, ma più che frequentare andava periodicamente a sostenere gli esami, sembra con profitto. Intanto Albertina si era trasferita a Ginevra, dove condusse Carlo Alberto che, dal marzo 1812 al dicembre del 1813, fu affidato al pastore protestante Jean-Pierre Etienne Vaucher (1763-1841), ammiratore di Jean-Jacques Rousseau.

Alla sconfitta di Napoleone alla battaglia di Lipsia nell’ottobre 1813, la famiglia lasciò Ginevra nel timore dell’arrivo degli austriaci e tornò in Francia. Ai primi del 1814 Carlo Alberto entrò nel liceo militare di Bourges, aspirando a diventare ufficiale dell’esercito francese. Aveva quasi 16 anni.

Il primo periodo a Torino (1814-1821)

Uscito di scena definitivamente Napoleone, il 16 maggio 1814 il nuovo re Luigi XVIII di Francia festeggiò a Parigi il ritorno dei Borbone. Tra i presenti alla gran festa, la principessa Maria Cristina Albertina di Carignano con i figli Carlo Alberto ed Elisabetta. Nonostante il suo passato, la famiglia fu accolta bene, ma Carlo Alberto dovrà rinunciare al titolo di conte dell’Impero, al grado di tenente appena conferitogli al liceo militare di Bourges e, soprattutto, al vitalizio concessogli da Napoleone.

Ristabilita la pace in Europa era opportuno che Carlo Alberto tornasse a Torino, così come gli consigliò il conte Alessandro di Saluzzo, suo tutore. Anche Albertina se ne convinse e il giovane lasciò Parigi (e il suo patrigno) per giungere a Torino il 24 maggio. Qui fu accolto affettuosamente dal re Vittorio Emanuele I (Carlo Emanuele IV aveva abdicato nel 1802) e dalla consorte Maria Teresa d’Asburgo-Este. Gli vennero restituiti i suoi beni e il suo appannaggio e gli fu affidata la residenza di palazzo Carignano. Data la situazione familiare (né Vittorio Emanuele I né il fratello Carlo Felice avevano figli maschi) Carlo Alberto era ora l’erede presuntivo al trono.

Per questo gli fu assegnato un precettore che correggesse le sue idee liberali: dapprima il conte Filippo Grimaldi del Poggetto, religiosissimo, e poi, quando questi fallì, il cavaliere Policarpo Cacherano d’Osasco. Costui, benché fosse più adatto al compito, si accorse ben presto di non poter influire sulla mentalità e sul carattere di Carlo Alberto che in questo periodo venne riconosciuto per la prima volta sofferente di nervi.

Il matrimonio e la personalità

La consorte di Carlo Alberto: Maria Teresa d'Asburgo-Lorena.
La consorte di Carlo Alberto: Maria Teresa d’Asburgo-Lorena.

Per dare un equilibrio interiore al principe la corte sabauda pensò fosse venuto il momento del matrimonio. La prescelta, che Carlo Alberto accettò, fu la sedicenne Maria Teresa d’Asburgo-Lorena, figlia del granduca Ferdinando III di Toscana e parente della regina di Sardegna Maria Teresa d’Asburgo-Este. Il principe partì quindi per la Toscana e per Roma il 18 marzo 1817 e dopo 6 mesi di fidanzamento, il 30 settembre, furono celebrate le nozze a Firenze, in Santa Maria del Fiore.

Il matrimonio solenne fu seguito da un ballo organizzato dall’ambasciata piemontese a Firenze. Da qui il 6 ottobre la coppia partì alla volta del Piemonte. L’11 gli sposi giunsero al castello del Valentino da cui fecero il loro ingresso solenne a Torino.

La giovane Maria Teresa era timidissima e molto religiosa; i due abitavano a palazzo Carignano e Carlo Alberto, di altro temperamento, iniziò ad invitare i giovani intellettuali con cui condivideva le idee liberali. I più intimi erano Santorre di Santa Rosa, Roberto d’Azeglio, Giacinto Provana di Collegno, Cesare Balbo, Guglielmo Moffa di Lisio (1791-1877) e Carlo Emanuele Asinari di San Marzano (1791-1841).

Dalla personalità complessa, Carlo Alberto in questi anni attraversò anche una profonda crisi religiosa. Ne fu artefice l’amicizia con il diplomatico francese Jean Louis de Douhet d’Auzers e la visita che il principe fece a Roma nel 1817 all’ex sovrano Carlo Emanuele IV ritiratosi in convento. Negli anni successivi al matrimonio, tuttavia, Carlo Alberto ebbe alcune relazioni extraconiugali, fra le quali quella con Maria Carolina di Borbone, vedova del duca di Berry.

Né i rapporti con Maria Teresa languivano, poiché quest’ultima dopo un aborto e un incidente di carrozza che nell’estate del 1819 poteva compromettere la seconda gravidanza, il 14 marzo 1820 diede alla luce l’erede, Vittorio Emanuele, futuro primo re d’Italia.

Il periodo reazionario (1821-1831)

A mezzanotte del 21 marzo 1821, Carlo Alberto lasciò segretamente palazzo Carignano. Soltanto l’indomani i rivoluzionari scoprirono la sua partenza. Da Rondissone il 23 si diresse alla volta di San Germano per proseguire da lì verso Novara, città che era rimasta fedele al Re. A Novara si fermò 6 giorni perché il 29 gli arrivò un dispaccio di Carlo Felice che gli ordinava di partire subito per la Toscana.

A Firenze

La mattina del 2 aprile 1821 il principe giunse a Firenze, dove il 13 fu raggiunto dalla moglie e dal figlio che intanto erano riparati in Francia. La famiglia si stabilì a palazzo Pitti, dal suocero del Principe, il granduca Ferdinando III. Il mese dopo, a maggio, Carlo Felice, che intanto aveva chiesto e ottenuto aiuto dall’Austria per ristabilire l’ordine, si incontrò a Lucca con l’ex re Vittorio Emanuele I. I due si intrattennero a lungo sulla condotta del nipote e, nonostante la nuova regina Maria Cristina avesse preso le sue difese, Carlo Alberto fu giudicato responsabile della cospirazione.

Avvilito e umiliato dai giudizi e dalle circostanze, il principe di Carignano decise di rinnegare le sue idee liberali, anche perché Carlo Felice stava valutando l’ipotesi di eliminarlo dalla linea di successione con l’intenzione di passare la corona a suo figlio Vittorio Emanuele. Sull’argomento il Re di Sardegna chiese l’opinione del principe di Metternich che, contrariamente alle sue attese, gli sconsigliò il passo.

La linea di successione di Carlo Alberto invece, dopo che il 16 settembre 1822 il piccolo Vittorio Emanuele era sfuggito all’incendio della sua culla, non correva più pericoli, grazie anche alla nascita, il 15 novembre, del secondogenito Ferdinando. Tranquillo per il lieto evento, Carlo Alberto a Firenze coltivò diversi interessi culturali. Era diventato collezionista di libri antichi, ma gli interessavano anche autori della sua epoca: si fece procurare le poesie di Alphonse de Lamartine e le opere del conservatore Joseph de Maistre.

La spedizione in Spagna

Carlo Alberto quale eroe della battaglia del Trocadero.
Carlo Alberto quale eroe della battaglia del Trocadero.

All’inizio del 1823 il duca Louis Antoine d’Angoulême assunse il comando del corpo di spedizione francese a cui le potenze europee delegarono il compito di riportare sul trono re Ferdinando VII di Spagna catturato dai rivoluzionari spagnoli dopo i moti di Cadice. Carlo Alberto, che chiedeva di dimostrare il suo pentimento, chiese di far parte del contingente. Scrisse due volte a tale proposito a Carlo Felice, il 1° e il 20 febbraio 1823, ma ebbe il permesso di partire solo il 26 aprile.

Finalmente, il 2 maggio, a Livorno Carlo Alberto si imbarcò sulla fregata sarda Commercio che il 7 attraccò a Marsiglia. Il giorno seguente il Principe si mise in viaggio e, prima di arrivare a Boceguillas, che raggiunse il 18, fu assegnato alla divisione del generale francese Étienne de Bordesoulle (1771-1837). Il 24 giunse a Madrid, dove sostò fino al 2 giugno, per poi ripartire per il sud: all’attraversamento della Sierra Morena, in uno scontro a fuoco con il nemico, dimostrò coraggio e i francesi lo insignirono della Legion d’onore. Proseguì per Cordova, Utrera, Jerez de los Caballeros e El Puerto de Santa María, da dove aspettò l’ordine dell’assalto alla fortezza di Cadice, il Trocadero, ultimo rifugio del governo costituzionale spagnolo.

Alla fine di agosto del 1823, mentre la flotta francese proteggeva l’azione dal mare, le truppe assalirono il Trocadero. Carlo Alberto combatté alla testa delle truppe varcando il canale che costituiva l’unico punto da cui si poteva attaccare la fortezza. Entrò in acqua reggendo la bandiera del 6º Reggimento della Guardia reale, guadò il canale e balzò nelle trincee nemiche. Cercò di evitare che i prigionieri nemici fossero uccisi e, poiché si distinse da semplice granatiere, i soldati francesi gli offrirono le spalline di un ufficiale morto nell’assalto.

Restò sul posto fino al calare della notte e il giorno successivo fu tra i primi a penetrare nel Trocadero. Liberati, si compiacquero con lui il re di Spagna Ferdinando VII e la giovane regina Giuseppina, sua cugina, che gli gettò le braccia al collo. Il 2 settembre ci fu una grande parata militare, dopo la quale, davanti alle truppe schierate, il duca d’Angoulême decorò Carlo Alberto con la Croce dell’ordine di San Luigi.

Sovrano filoaustriaco (1831-1845)

Carlo Alberto, a 33 anni, iniziò così a regnare. La sua salute era peggiorata: soffriva di dolori al fegato. Anche la fede gli procurava sofferenza: portava il cilicio, dormiva su di una brandina di ferro da solo, si alzava alle 5 e ogni giorno ascoltava due messe. Lavorava dalle 10 alle 17 senza interruzione. Mangiava poco ed era colpito da crisi religiose sempre più frequenti, ma non riusciva a rinunciare alle relazioni extraconiugali, delle quali, la più importante e duratura fu quella con Maria Antonietta di Robilant (1804-1882), figlia di Friedrich Truchsess zu Waldburg (1776-1844), ambasciatore di Prussia a Torinoe moglie di Maurizio di Robilant (1798-1862).

Contro la Francia di Luigi Filippo

Il nuovo Re, sempre impressionato dagli eventi della Rivoluzione di Luglio che avevano deposto Carlo X di Francia e determinato l’ascesa al trono di un ex rivoluzionario, Luigi Filippo, decise di stringere un’alleanza difensiva con l’Austria. Il trattato, sottoscritto il 23 luglio 1831 e ratificato nel 1836, lasciava la difesa del Regno di Sardegna all’Austria. Tuttavia, in caso di guerra, il comandante dell’esercito congiunto sarebbe stato Carlo Alberto. Quest’ultimo aveva scritto all’ambasciatore austriaco Ludwig Senfft von Pilsach (1774-1853): «[…] il più bel giorno della mia vita sarà quello in cui si farà guerra contro i francesi e io sarò felice di servire nelle truppe austriache».

Coerente con tale atteggiamento legittimista fu l’appoggio che Carlo Alberto diede alla sua amica del dicembre 1823, Maria Carolina di Borbone. Costei aspirava per il figlio al trono di Francia. Era infatti la vedova del duca di Berry, secondogenito del re deposto Carlo X, il cui primogenito, il duca d’Angoulême, aveva rinunciato al trono. Nella linea di successione non rimaneva che il figlio di Maria Carolina, Enrico, di cui il parlamento francese aveva però invalidato la nomina a sovrano.

Nonostante l’ambasciatore di Francia gli consigliasse prudenza, nel 1832 Carlo Alberto fece avere a Maria Carolina, contraendo un debito, un milione di franchi e le mise a disposizione un piroscafo con il quale trasportare in Francia i volontari legittimisti. La trama fu scoperta e fallì: il piroscafo fu bloccato a Marsiglia e in Vandea i partigiani della duchessa furono sbaragliati in poche ore. Maria Carolina di Borbone dopo una breve fuga fu arrestata a Nantes e rinchiusa nella cittadella di Blaye, presso Bordeaux.

La politica governativa

Carlo Alberto nel 1833.
Carlo Alberto nel 1833.

Quasi analogo conservatorismo Carlo Alberto dimostrò in politica interna. Quando il ministro della Guerra Matteo Agnès Des Geneys (1763-1831) morì, lo sostituì con Carlo San Martino d’Agliè che a sua volta gli era poco gradito. Tenne Vittorio Sallier de la Tour agli Esteri per poi sostituirlo nel 1835 con l’arciconservatore Clemente Solaro della Margarita. Ma importanti incarichi vennero fatti con l’idea di rinnovare l’oligarchia ministeriale. Nel 1831 nominò Gaudenzio Maria Caccia conte di Romentino (1765-1834) ministro delle Finanze; Giuseppe Barbaroux ministro della Giustizia e il riformatore Antonio Tonduti conte dell’Escarèna (1771-1856) ministro dell’Interno. Il 5 aprile 1832 in sostituzione di d’Agliè, nominò ministro della Guerra Emanuele Pes di Villamarina.

La spinta liberale, però, non andò molto oltre: invano Giuseppe Mazzini nel giugno 1831, esule a Marsiglia, rivolse a Carlo Alberto la lettera firmata “Un italiano”, in cui lo esortava a farsi guida di quanti si battevano per l’unità d’Italia. Il nuovo Re di Sardegna rimaneva, almeno per il momento, quasi delle stesse idee dei suoi predecessori.

La riforma dei codici

In questo contesto Carlo Alberto si rese conto della necessità di concedere riforme per rendere il regno più moderno e per soddisfare i bisogni del popolo. Fin dal momento della sua ascesa al trono aveva nominato una commissione che aveva avuto il compito di redigere i nuovi codici civile, penale, di commercio e di procedura penale.

Il percorso di questa riforma fu assai lungo, al termine del quale, il 20 giugno 1837 fu promulgato il nuovo codice civile, ispirato in parte al Codice Napoleonico. Il Re partecipò alla stesura anche del nuovo codice penale che fu emanato il 26 ottobre 1839. Durante i lavori Carlo Alberto insistette sul concetto della pena correttiva, limitando così il più possibile la pena di morte. Egli chiese però pene severe per i colpevoli di sacrilegi e per i suicidi, i cui testamenti perdevano qualsiasi valore giuridico. Nel 1842, inoltre, vennero promulgati sia il codice di commercio, sia il codice di procedura penale, con delle innovazioni sulle garanzie dei diritti dell’accusato.

Sovrano liberale (1845-1849)

Carlo Alberto ritratto nel periodo antiaustriaco.
Carlo Alberto ritratto nel periodo antiaustriaco.

Nel 1845 moti rivoluzionari scoppiarono a Rimini e nello Stato Pontificio. A Massimo d’Azeglio, che era andato a riferirgli sugli avvenimenti, Carlo Alberto disse: «… che il giorno della lotta contro l’Austria egli si sarebbe gettato con i suoi figli, con il suo esercito, con tutte le sostanze, a combattere per l’indipendenza d’Italia».

Comprensibilmente, l’8 giugno 1846, per ordine del Cancelliere Metternich, l’ambasciatore austriaco a Torino, Buol, invitò Carlo Alberto a chiarire la sua politica: o con l’Austria o con la rivoluzione. Il Re di Sardegna temporeggiò. Intanto, il 16 giugno, veniva eletto papa Pio IX, la cui prima preoccupazione fu di concedere l’amnistia ai condannati per reati politici. Il nuovo pontefice protestò poi contro l’Austria per aver occupato Ferrara, nel territorio della Chiesa, senza il suo consenso. Carlo Alberto, che in Pio IX vide un modo di conciliare la fede con le sue antiche idee liberali, gli scrisse offrendogli il suo appoggio.

Allo stesso modo, nel settembre 1847 Cesare Trabucco, segretario di Carlo Alberto, in un’occasione pubblica fu autorizzato a leggere una lettera del 2 del mese nella quale il Re sperava che Iddio gli facesse la grazia di poter intraprendere una guerra di indipendenza per la quale lui avrebbe preso il comando dell’esercito e della causa guelfa. Queste dichiarazioni e questi atteggiamenti resero molto più popolare Carlo Alberto. Egli tuttavia faceva sciogliere le manifestazioni antiaustriache, anche perché la corte e il governo erano divisi. De La Tour, Il ministro degli Esteri Solaro della Margarita e l’arcivescovo Luigi Fransoni consideravano pericolosa la strada che aveva intrapreso, ma gli erano favorevoli il ministro della Guerra Villamarina, Cesare Alfieri di Sostegno, Cesare Balbo, Massimo e Roberto d’Azeglio e il giovane conte di Cavour.

Intanto le richieste della popolazione si facevano pressanti e non sempre venivano accolte. In quel periodo, ad esempio, Carlo Alberto non accettò una delegazione genovese che chiedeva l’espulsione dal Regno dei gesuiti, ai quali aveva già imposto una censura sugli scritti politici. Egli attuò però la cosiddetta “Fusione perfetta” dello Stato Sabaudo del 29 novembre 1847, ciò che estese alla Sardegna le riforme attuate sul continente.

All’inizio del 1848 arrivarono le notizie che a seguito dei moti della “Primavera dei popoli” Ferdinando II di Borbone aveva concesso la costituzione. A Torino si acclamava al Re di Napoli e al Papa, mentre Carlo Alberto, angosciato, era vincolato al giuramento prestato a Carlo Felice di rispettare religiosamente tutte le leggi fondamentali della monarchia, fra le quali egli riteneva ci fosse l’assolutismo.

Lo Statuto Albertino

Editto dell'8 febbraio 1848 con il quale si avvisava la popolazione della concessione dello Statuto e se ne dava lo schema in 14 articoli.
Editto dell’8 febbraio 1848 con il quale si avvisava la popolazione della concessione dello Statuto e se ne dava lo schema in 14 articoli.

Il 7 gennaio 1848 all’albergo Europa di Torino si era tenuta la riunione dei giornali della città e Cavour, direttore del Risorgimento, aveva proposto di chiedere al Re la Costituzione. Anche la maggior parte dei ministri era del parere che la Costituzione andava concessa, anche per impedire che venisse imposta dal popolo. Carlo Alberto, indeciso sul da farsi, non volendo mancare al giuramento, pensò di abdicare, come aveva fatto in analoghe circostanze Vittorio Emanuele I. Mandò a chiamare il figlio per prepararlo alla successione, ma l’erede riuscì a convincerlo a rimanere al suo posto.

Il 7 febbraio si riunì un Consiglio di Stato straordinario. Erano presenti sette ministri, i decorati dell’ordine dell’Annunziata e gli alti dignitari. Parlarono tutti e la discussione proseguì per molte ore. Carlo Alberto, pallido, ascoltava in silenzio. Contrari alla Costituzione erano De La Tour, Carlo Beraudo di Pralormo e Luigi Provana di Collegno. Nell’intervallo del pranzo Carlo Alberto ricevette una delegazione della capitale che gli chiedeva la Costituzione per il bene della popolazione e per la salvaguardia dell’ordine.

Era ormai necessario prendere una decisione e, alla fine, fu incaricato il ministro dell’Interno Giacinto Borelli (1783-1860) di preparare subito un disegno di Costituzione. Il documento venne approvato e gli fu dato il nome di “Statuto”. Carlo Alberto aveva premesso che non avrebbe firmato se non fosse stato chiaro il rispetto della religione cattolica e l’onore della monarchia. Ottenutele, firmò. La seduta si sciolse all’alba.

Verso le 15,30 dello stesso 8 febbraio 1848, venne affisso per le strade di Torino un editto del Re che esponeva in 14 articoli le basi dello Statuto per un sistema di governo rappresentativo. Già alle 18 la città era tutta illuminata e percorsa da imponenti dimostrazioni a favore di Carlo Alberto.

L’editto precisava che la religione cattolica era l’unica dello Stato, il potere esecutivo apparteneva al re che comandava le forze armate, il potere legislativo era esercitato da due Camere, una delle quali elettiva, la stampa era libera e la libertà individuale garantita. Lo Statuto, completo di tutti i suoi articoli, fu approvato definitivamente il 4 marzo 1848 e firmato quello stesso giorno da Carlo Alberto. L’annuncio dello Statuto suscitò grande entusiasmo in tutto il Piemonte. Il primo governo costituzionale fu presieduto da Cesare Balbo che si insediò il 16 marzo 1848, due giorni prima dell’inizio delle Cinque giornate di Milano.

L’esilio (1849)

La morte di Carlo Alberto in una stampa dell'epoca.
La morte di Carlo Alberto in una stampa dell’epoca.

Carlo Alberto durante l’esilio ad Oporto. Nella mano un testo di Gioberti, del quale condivideva l’ideale neoguelfo
Il figlio primogenito di Carlo Alberto, ormai re di Sardegna con il nome di Vittorio Emanuele II, si incontrò il 24 marzo 1849 a Vignale con Radetzky e ottenne effettivamente delle clausole più vantaggiose rispetto a quelle previste in un primo momento. Gli austriaci avrebbero occupato momentaneamente la Lomellina e solo una metà della piazzaforte di Alessandria, con una formula che parlava di “permesso” e non di “diritto”.

Figli

Il 30 settembre 1817 Carlo Alberto sposò Maria Teresa d’Asburgo-Lorena, figlia del granduca Ferdinando III di Toscana e di Luisa Maria Amalia di Borbone-Napoli. Dal matrimonio di Carlo Alberto e Maria Teresa nacquero:

Vittorio Emanuele, successore di Carlo Alberto e primo re d’Italia;
Ferdinando, duca di Genova, padre della futura regina d’Italia, Margherita;
Maria Cristina (1826-1827).

Ascendenza

carlo alberto di savoia