Elisabetta I d’Inghilterra

1533 - 1603

Elisabetta I d’Inghilterra
Nazione: Inghilterra

ID: 2026

Elisabetta I Tudor (Greenwich, 7 settembre 1533 – Richmond upon Thames, 24 marzo 1603) fu regina d’Inghilterra e d’Irlanda dal 17 novembre 1558 fino alla sua morte.

Figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena e talvolta chiamata la Regina Vergine, Gloriana o la buona regina Bess, Elisabetta fu la quinta e ultima monarca della dinastia Tudor; liberata dalla prigionia alla quale era stata sottoposta nel 1558 per evitare che prendesse il potere, succedette nello stesso anno alla sorellastra Maria I d’Inghilterra, detta Maria La Sanguinaria, la quale era morta senza eredi. Il suo regno fu lungo e segnato da molti avvenimenti importanti. La sua politica di pieno sostegno alla Chiesa d’Inghilterra, dopo i tentativi di restaurazione cattolica da parte di Maria Tudor, provocò forti tensioni religiose nel regno e vi furono parecchi tentativi di congiure contro di lei, in cui fu coinvolta anche la cugina Maria Stuarda che ella fece giustiziare.

Coinvolta a più riprese nei conflitti religiosi della sua epoca, uscì vittoriosa dalla guerra contro la Spagna; sempre durante il suo regno furono poste le basi della futura potenza commerciale e marittima della nazione ed ebbe inizio la colonizzazione dell’America settentrionale. La sua epoca, denominata età elisabettiana, fu anche un periodo di straordinaria fioritura artistica e culturale: William Shakespeare, Christopher Marlowe, Ben Jonson, Edmund Spenser, Francis Bacon sono solo alcuni degli scrittori e pensatori che vissero durante il suo regno.

Biografia

Infanzia e giovinezza

Elisabetta a tredici anni.
Elisabetta a tredici anni.

Elisabetta fu l’unica figlia sopravvissuta di Enrico VIII e della sua seconda moglie, Anna Bolena, con la quale il sovrano si era segretamente sposato tra la fine del 1532 e l’inizio del 1533. Nacque nel palazzo di Placentia a Greenwich, il 7 settembre 1533 e venne battezzata tre giorni dopo con il nome delle nonne Elisabetta di York ed Elisabetta Howard. Enrico avrebbe desiderato un maschio per assicurare la successione, ma dato che Maria era stata dichiarata illegittima con l’annullamento del matrimonio dei genitori, Elisabetta era, all’epoca, l’erede presunta. Dopo la nascita di Elisabetta, Anna Bolena rimase incinta almeno altre due o forse tre volte, ma tutte le gravidanze si conclusero con aborti spontanei o bambini nati morti. Dopo l’ultimo aborto, nel gennaio 1536 Anna Bolena cadde definitivamente in disgrazia; accusata di stregoneria, alto tradimento, incesto con il proprio fratello George Boleyn e di adulterio con numerosi cortigiani, il 2 maggio venne rinchiusa nella torre di Londra e il 19 maggio fu decapitata; il giorno successivo Enrico si fidanzò con Jane Seymour, che era stata dama di compagnia di Anna Bolena e di Caterina d’Aragona.

Elisabetta, che allora aveva tre anni, fu dichiarata illegittima, perse il titolo di principessa e fu cresciuta in esilio nel palazzo di Hatfield con la sorellastra Maria, fino a che Jane Seymour non diede alla luce un figlio maschio, Edoardo, morendo pochi giorni dopo di febbre puerperale. Elisabetta e Maria non erano comunque viste di buon occhio perché illegittime. In seguito alle poco fortunate nozze del re con Anna di Clèves, nobildonna tedesca, avvenute nel 1540, Elisabetta fu ammessa a corte e allacciò con la matrigna un’amicizia che durò fino alla morte di questa nel luglio 1557. In seguito, la sesta moglie di Enrico, Caterina Parr, riconciliò il re con la figlia che, assieme alla sorellastra Maria, fu reinserita nella linea di successione dopo il principe Edoardo, con l’Atto di Successione del 1544. Grazie a Caterina Parr, Elisabetta riceve un’educazione in un ambiente rigidamente protestante, sotto la guida dell’insegnante umanista Roger Ascham, studiando latino, greco, francese, italiano (di fatto, uno dei primi documenti autografi di Elisabetta, una lettera, è scritta in italiano) e spagnolo. Elisabetta era eccezionalmente intelligente e oltre a essere molto colta aveva una memoria prodigiosa.

La prima governante di Elisabetta fu Lady Bryan, che poco dopo fu sostituita da Katherine Champernowne, la quale strinse un profondo legame con Elisabetta e rimase per tutta la vita sua intima confidente. Un altro personaggio importante nei primi anni di Elisabetta fu Matthew Parker, il sacerdote prediletto di Anna Bolena, che, prima di morire, gli aveva raccomandato di vegliare sulla salute spirituale della figlia: dopo l’ascesa di Elisabetta al trono, Parker divenne il primo arcivescovo di Canterbury. Enrico VIII morì nel 1547 e gli succedette Edoardo VI. Caterina Parr sposò Thomas Seymour, zio di Edoardo, e tenne Elisabetta con sé. Finché Edoardo VI visse, la situazione di Elisabetta rimase sicura.

Nel 1553 Edoardo, sedicenne, di salute sempre più cagionevole, morì probabilmente di vaiolo, lasciando un testamento che annullava le volontà del genitore e dichiarava sua erede Lady Jane Grey. Lady Jane ascese al trono, ma fu deposta meno di due settimane dopo. Resa forte dal sostegno popolare, Maria entrò trionfalmente a Londra con la sorellastra al fianco. Quando Maria I sposò Filippo di Spagna, un matrimonio molto sgradito ai suoi sudditi protestanti, temendo di poter essere deposta e sostituita dalla sorella, a seguito della fallita ribellione di Wyatt fece imprigionare Elisabetta nella Torre di Londra. Gli spagnoli chiesero l’esecuzione di Elisabetta, ma pochi inglesi desideravano mettere a morte un membro della popolare dinastia Tudor e anche i tentativi di rimuoverla dalla successione fallirono a causa dell’opposizione del Parlamento.

Inoltre Maria I non firmò mai il documento dell’esecuzione. Dopo due mesi nella Torre, a Elisabetta furono concessi gli arresti domiciliari al castello di Woodstock (il Blenheim Palace, a Woodstock nello Oxfordshire), sotto la custodia di Sir Henry Bedingfield; alla fine dell’anno, quando si diffuse la falsa voce che Maria era in attesa di un figlio, Elisabetta poté tornare a corte con l’assenso di Filippo, che, preoccupato che la moglie potesse morire di parto, preferiva che la corona inglese passasse a lei piuttosto che a Maria Stuarda, regina di Scozia.

Tale preferenza, da parte del cattolicissimo Filippo, nasceva da motivi strettamente politici: sebbene la giovane Stuarda fosse cresciuta alla corte francese, era promessa al delfino, il futuro Francesco II e una sua ascesa al trono d’Inghilterra avrebbe portato le isole britanniche interamente nella sfera di influenza della Francia, con la quale la Spagna era in guerra dall’inizio del secolo (la pace di Cateau-Cambrésis sarebbe stata firmata solo nel 1559). Per tutta la durata del suo regno Maria continuò a perseguitare i protestanti, guadagnandosi il soprannome di “Maria la Sanguinaria”, e tentò di convertire Elisabetta, che si finse cattolica, ma mantenne il suo credo
protestante.

Primi anni di regno

La regina Elisabetta nel giorno della sua incoronazione. Il ritratto è del primo decennio del XVII secolo ed è una copia dell'originale del 1559, andato perduto.
La regina Elisabetta nel giorno della sua incoronazione. Il ritratto è del primo decennio del XVII secolo ed è una copia dell’originale del 1559, andato perduto.

Il 17 novembre 1558, alla morte di Maria per un tumore, Elisabetta ascese al trono. Elisabetta fu incoronata il 15 gennaio 1559. All’epoca non c’era un arcivescovo di Canterbury. Dal momento che i vescovi più anziani rifiutarono di partecipare alla cerimonia (perché illegittima secondo il diritto canonico, e perché protestante) fu il vescovo di Carlisle, una figura poco importante, a incoronarla, mentre la comunione fu celebrata non dal vescovo, ma dal cappellano personale della regina, per evitare di celebrare con il rito cattolico. L’incoronazione di Elisabetta fu l’ultima a avvenire con il rituale latino: le successive incoronazioni si svolgeranno secondo il rito di lingua inglese. Più tardi Elisabetta persuase il cappellano della madre, Matthew Parker, a diventare il primo arcivescovo anglicano di Canterbury. Egli accettò solo per lealtà alla memoria di Anna Bolena, dato che trovava spesso difficile trattare con Elisabetta.

Una delle più importanti preoccupazioni dei primi anni di regno di Elisabetta fu la religione: la giovane si appoggiò a William Cecil per consigli in materia. L’Atto di uniformità del 1559, rese obbligatorio l’uso del “Book of Common Prayer” per i servizi religiosi, ovvero una sintesi fra tradizione cattolica e innovazioni protestanti pensata per garantire da una parte l’uniformità religiosa e dall’altra un’ampia tolleranza di fedi. Il controllo papale sulla Chiesa d’Inghilterra, ripristinato da Maria, fu definitivamente abolito da Elisabetta. La regina assunse il titolo di “Supremo Governatore della Chiesa d’Inghilterra”, piuttosto che di “Capo Supremo”, prevalentemente perché diversi vescovi e molti membri della comunità ritenevano che una donna non potesse essere il capo della Chiesa.

L’Atto di Supremazia (in realtà il secondo, dopo quello del padre), sempre del 1559, prescrisse inoltre che i pubblici ufficiali prestassero giuramento riconoscendo il controllo del sovrano sopra la Chiesa pena severe punizioni. Molti vescovi opposero resistenza alla politica religiosa elisabettiana e furono rimossi dai loro uffici e rimpiazzati da nuovi incaricati che si sarebbero sottomessi alla supremazia della regina. Ella nominò inoltre un Consiglio privato interamente nuovo, rimuovendone molti cattolici. Sotto Elisabetta le lotte di fazioni nel Consiglio e i conflitti a corte diminuirono grandemente.

I più importanti consiglieri di Elisabetta furono William Cecil, Segretario di Stato, e Nicholas Bacon, il Lord Guardasigilli. Elisabetta ridusse anche l’influenza spagnola sull’Inghilterra. Sebbene Filippo II l’avesse aiutata ponendo fine alle Guerre Italiane con la pace di Cateau Cambrésis, Elisabetta rimase indipendente nella sua diplomazia e respinse la proposta di matrimonio del cognato. Adottò il principio dell'”Inghilterra per l’Inghilterra”, principio di cui il suo altro regno, l’Irlanda, non beneficiò mai. L’imposizione dei costumi inglesi e le politiche religiose della regina furono ampiamente impopolari tra gli irlandesi.

Guerra con la Francia e la Scozia

Elisabetta I d'Inghilterra in un ritratto anonimo, attribuito a Federico Zuccari (c. 1575).
Elisabetta I d’Inghilterra in un ritratto anonimo, attribuito a Federico Zuccari (c. 1575).

La regina trovò una pericolosa rivale nella cugina, la cattolica Maria Stuarda, regina di Scozia e moglie del re di Francia Francesco II, la quale aveva un carattere impulsivo in antitesi con la prudenza tipica della cugina Elisabetta. Nel 1559 Maria si era proclamata regina d’Inghilterra avvalendosi della controversa legittimità di Elisabetta (che era illegittima per le norme cattoliche, in quanto il matrimonio di Enrico VIII con Caterina d’Aragona non aveva mai ottenuto l’annullamento papale, ma non lo era per le leggi della Chiesa d’Inghilterra, che invece lo aveva annullato), con il supporto dei francesi, previsto dagli accordi nuziali tra Maria e Francesco II.

In Scozia la madre di Maria, Maria di Guisa, che aveva governato la Scozia come reggente, tentò di aumentare l’influenza francese in Gran Bretagna concedendo all’esercito francese fortificazioni in Scozia. Un gruppo di lord scozzesi (protestanti) alleati di Elisabetta deposero Maria di Guisa e, posti sotto pressione dagli Inglesi, i rappresentanti di Maria firmarono il Trattato di Edimburgo, in base a cui le truppe francesi dovevano essere ritirate dalla Scozia. Sebbene Maria rifiutasse di ratificare il trattato, esso ottenne l’effetto desiderato e la minaccia francese fu allontanata dall’Inghilterra.

Dopo la morte del marito Francesco II Maria Stuarda ritornò in Scozia, mentre per la Francia cominciava il periodo delle Guerre di Religione: temendo ulteriori possibili minacce da parte francese, Elisabetta diede segretamente aiuto agli Ugonotti. Fece pace con la Francia nel 1564, rinunciando all’ultimo possedimento inglese in territorio francese, Calais, ma non abbandonò la rivendicazione formale al trono di Francia che i monarchi inglesi mantenevano dal regno di Edoardo III, durante la Guerra dei Cent’Anni, e che fu abbandonata solo da Giorgio III, nel 1802 col Trattato di Amiens.

Complotti e ribellioni

Alla fine del 1562 Elisabetta aveva contratto il vaiolo, ma ne era guarita, anche se la malattia le lasciò il volto deturpato. Nel 1563, allarmato per la malattia quasi fatale della regina, il Parlamento chiese che si sposasse o che nominasse un erede per evitare una guerra civile alla sua morte. Ella rifiutò di fare entrambe le cose e il Parlamento non fu riunito fino a quando Elisabetta non ebbe bisogno della sua approvazione per alzare le tasse nel 1566. La Camera dei Comuni minacciò di trattenere i fondi fino a quando la regina non avesse preso provvedimenti per la successione, ma Elisabetta rifiutò ancora.

Durante il regno di Elisabetta furono prese in considerazione diverse linee di successione. Una possibile era quella di Margherita Tudor, la sorella maggiore di Enrico VIII: erede in quel caso sarebbe stata Maria Stuarda; una linea alternativa era quella di Maria Tudor, la sorella minore di Enrico VIII: l’erede in tal caso sarebbe stata lady Catherine Grey; un altro possibile successore era Henry Hastings, conte di Huntingdon, che poteva invocare la sua discendenza da Edoardo III. Tutti e tre i possibili eredi presentavano problemi: Maria era cattolica, Catherine Grey si era sposata senza il consenso della regina e il puritano Huntingdon non voleva la corona.

Maria Stuarda, nel frattempo, aveva i suoi problemi in Scozia. Elisabetta aveva suggerito che, se avesse sposato il protestante Robert Dudley, conte di Leicester, un favorito della stessa Elisabetta, lei avrebbe “proceduto a considerare il suo diritto e titolo a essere la sua cugina più prossima ed erede.” Maria rifiutò e sposò il cattolico Henry Steward o Stuart, conte di Darnley, suo cugino e, in quanto nipote di Margherita Tudor, anch’egli possibile pretendente al trono inglese. Il matrimonio però non fu felice: lui era iroso e violento al punto che si ritenne necessario ucciderlo. Difatti il 9 febbraio 1567 la residenza del conte andò a fuoco e lui fu strangolato mentre tentava la fuga. Non è chiaro se dietro l’assassinio ci fosse stata la stessa Maria oppure la nobiltà scozzese. In seguito Maria sposò il presunto assassino dell’ex marito, James Hepburn, conte di Bothwell, causando la sollevazione dei nobili protestanti scozzesi che esiliarono James e costrinsero lei ad abdicare in favore del figlio ancor bambino.

Nel 1568 l’ultima possibile erede inglese al trono, Catherine Grey, morì: lasciava un figlio, che era però stato dichiarato illegittimo, e una sorella, nana e gobba. Elisabetta fu di nuovo costretta a prendere in considerazione un successore scozzese, nonostante la situazione confusa del paese. Maria, che era stata imprigionata dopo la sua abdicazione, riuscì a scappare e fuggì in Inghilterra, dove fu catturata da forze inglesi. A quel punto, Elisabetta si trovò di fronte a un grave dilemma. Riconsegnarla agli scozzesi era ritenuto un gesto troppo crudele, mandarla in Francia avrebbe significato mettere nelle mani del re francese una potente arma; reinsediarla con la forza sul trono di Scozia poteva essere un gesto eroico, ma avrebbe causato un conflitto troppo aspro con gli Scozzesi; imprigionarla in Inghilterra le avrebbe permesso di partecipare a complotti contro lei stessa. Elisabetta optò per l’ultima soluzione: Maria fu tenuta confinata per diciotto anni, per lo più nel castello di Sheffield, in custodia di George Talbot, conte di Shrewsbury, e della moglie.

Nel 1569 Elisabetta fronteggiò una grande ribellione conosciuta come la Ribellione settentrionale, istigata dal duca di Norfolk, dal conte di Westmorland e dal conte di Northumberland. Papa Pio V aiutò la ribellione cattolica scomunicando la regina e dichiarandola deposta con una bolla papale del 1570, la Regnans in Excelsis che però fu promulgata solo dopo che la ribellione era stata domata. Dopo la bolla però Elisabetta poteva difficilmente continuare la sua politica di tolleranza religiosa e cominciò a perseguitare i suoi nemici religiosi, provocando così per reazione varie cospirazioni cattoliche volte a rimuoverla dal trono.

Elisabetta trovò un nuovo nemico nel cognato, Filippo II di Spagna. Dopo che Filippo aveva lanciato un attacco a sorpresa contro i corsari inglesi Francis Drake e John Hawkins nel 1568, Elisabetta ordinò di attaccare le navi spagnole nel 1569. Filippo, già impegnato nella ribellione delle province olandesi, non poteva sostenere lo sforzo di una guerra contro l’Inghilterra. Filippo II prese parte, sebbene con riluttanza, ad alcune cospirazioni per deporre Elisabetta. Il duca di Norfolk fu coinvolto nel primo di questi complotti, il complotto Ridolfi, nel 1571. Dopo che la cospirazione fu scoperta e sventata, con grande spavento di Elisabetta, il duca di Norfolk fu giustiziato e Maria Stuarda perse la poca libertà che le era rimasta. La Spagna, che era rimasta in termini amichevoli con l’Inghilterra dall’epoca del matrimonio di Filippo con Maria I, cessò di essere una potenza amica.

Nel 1572 William Cecil fu innalzato alla potente posizione di Lord Gran Tesoriere; il suo posto alla Segreteria di Stato fu preso dal capo della rete di spionaggio di Elisabetta, Francis Walsingham. Sempre nel 1572 Elisabetta strinse un’alleanza con la Francia. Il Massacro di San Bartolomeo, in cui migliaia di protestanti francesi furono uccisi, incrinò l’alleanza ma non la spezzò, ed Elisabetta cominciò negoziazioni matrimoniali prima con Enrico III, allora duca di Anjou, e più tardi con il fratello minore, Francesco, duca di Alençon e le trattative parevano essere giunte a conclusione, ma dopo la sua visita nel 1581, Francesco ritornò in Francia e morì dopo tre anni senza che il matrimonio fosse celebrato.

Nel 1580 papa Gregorio XIII inviò un contingente di truppe in aiuto delle Ribellioni Desmond in Irlanda, ma il suo tentativo fallì e la ribellione stessa fu domata nel 1583. Nel frattempo Filippo II annetté il Portogallo e con il trono portoghese ottenne il controllo dei mari. Dopo l’assassinio dello Statolder Guglielmo I d’Orange, l’Inghilterra cominciò a parteggiare apertamente per le Province Unite d’Olanda, che si erano ribellate alla dominazione spagnola. Questo, assieme al conflitto economico con la Spagna e la pirateria inglese contro le colonie spagnole condusse allo scoppio della guerra anglo-spagnola nel 1585 e all’espulsione dell’ambasciatore spagnolo nel 1586 per la sua partecipazione ai complotti contro Elisabetta.

Temendo tali cospirazioni, il Parlamento aveva approvato l’Atto di Associazione 1584, in base al quale chiunque fosse stato coinvolto in un complotto per uccidere il sovrano sarebbe stato escluso dalla linea di successione. Nonostante l’Atto un nuovo complotto, il Complotto Babington, fu ordito contro di lei, ma sventato da Francis Walsingham, che controllava la rete di spie di Elisabetta. Maria Stuarda fu accusata di complicità nel complotto e giustiziata nel castello di Fotheringhay, l’8 febbraio 1587. Nel suo testamento Maria lasciò in eredità a Filippo la sua rivendicazione del trono inglese e Filippo cominciò a progettare un’invasione.

Conflitto con la Spagna e l’Irlanda

Il ritratto di Elisabetta, detto The Armada Portrait, fu dipinto intorno al 1588 per commemorare la disfatta dell'Invincibile Armata. Elisabetta tiene la mano sul globo, simbolo di autorità, mentre sullo sfondo è raffigurato l'evento.
Il ritratto di Elisabetta, detto The Armada Portrait, fu dipinto intorno al 1588 per commemorare la disfatta dell’Invincibile Armata. Elisabetta tiene la mano sul globo, simbolo di autorità, mentre sullo sfondo è raffigurato l’evento.

Nell’aprile 1587 Francis Drake bruciò la flotta spagnola alla fonda nel porto di Cadice, ritardando i piani del re, ma nel 1588 l’Invincibile Armata, una grande flotta di 130 navi e 24.000 uomini (20.000 soldati e 4.000 marinai) salpò nella speranza di aiutare l’esercito spagnolo, allora in Olanda sotto il comando di Alessandro Farnese, ad attraversare la Manica e invadere l’Inghilterra. Elisabetta, nel grande pericolo del momento, tenne un famoso discorso alle truppe inglesi radunate a Tilbury, noto come Il discorso alle truppe a Tilbury. La flotta spagnola fu sconfitta da quella inglese, comandata da Charles Howard, I conte di Nottingham e da Francis Drake, aiutati dal maltempo. L’Armada fu costretta a ritornare in Spagna e la vittoria aumentò molto la popolarità di Elisabetta. La battaglia non fu però decisiva e la guerra con la Spagna continuò. La guerra continuava anche in Olanda, che combatteva per l’indipendenza, e in Francia, dove un protestante Enrico di Borbone, aveva rivendicato il trono. Elisabetta appoggiò con 20.000 uomini e 300.000 sterline Enrico, e con 8.000 uomini e aiuti per oltre un milione di sterline gli olandesi.

I corsari inglesi continuarono ad attaccare la flotta spagnola che ritornava carica d’argento dalle Americhe, con alterni esiti (nel 1595 morì Francis Drake); nel 1595 si verificò anche una modesta incursione della flotta spagnola in Cornovaglia. Nel 1596, l’Inghilterra si ritirò dalla Francia lasciando Enrico IV saldamente al potere e la Lega Cattolica, sua nemica, distrutta; altre battaglie seguirono fino al 1598, quando Francia e Spagna fecero pace. La morte di Filippo II l’anno successivo portò il conflitto tra Spagna e Inghilterra a un punto di stallo, che avrebbe trovato soluzione con il trattato di pace negoziato sotto Giacomo I, noto come Trattato di Londra (1604).

Ultimi anni

Nel 1598 morì Cecil, il principale consigliere di Elisabetta. Il suo ruolo politico fu ereditato dal figlio, Robert Cecil, che era divenuto Segretario di Stato nel 1590. Elisabetta si era guadagnata una certa impopolarità per l’abitudine di garantire monopoli reali. Il Parlamento continuò a richiedere l’abolizione dei monopoli. Elisabetta, nel suo famoso “Discorso d’Oro” promise riforme e poco dopo dodici monopoli reali furono aboliti, e ulteriori sanzioni rese possibili attraverso le corti di diritto comune. Queste riforme, tuttavia, erano superficiali e la pratica di ricavare fondi dalla concessione di monopoli continuò.

Contemporaneamente alla guerra in corso con la Spagna, Elisabetta dovette far fronte a una ribellione conosciuta come la Guerra dei nove anni. Hugh O’Neill, secondo conte di Tyrone, si era proclamato re ed era stato dichiarato traditore nel 1595. Cercando di evitare un’altra guerra, Elisabetta fece una tregua con Tyrone, che prontamente cercò l’aiuto spagnolo. La Spagna cercò di inviare due spedizioni in soccorso, ma entrambe furono fermate. Nel 1598 Tyrone offrì una tregua e al suo scadere inflisse agli inglesi la peggior sconfitta dell’intera ribellione nella battaglia di Yellow Ford.

Uno dei più importanti capi della marina, Robert Devereux, secondo conte di Essex, fu nominato Lord Luogotenente d’Irlanda con il compito di domare la ribellione nel 1599. Devereux fallì miseramente nel tentativo e, ritornato senza il permesso della regina nel 1600, fu punito con la perdita di tutti i suoi incarichi. L’anno successivo, infine, guidò una rivolta contro la regina, ma fu giustiziato. Al suo posto in Irlanda fu mandato Charles Blount, barone Montjoy: egli affrontò gli irlandesi e il contingente spagnolo di circa tremila uomini inviato in loro aiuto dalla Spagna e li sconfisse nella battaglia di Kinsale, obbligando Tyrone ad arrendersi pochi giorni dopo la morte di Elisabetta.

Morte

Elisabetta amava le imprudenze e soprattutto fare ciò che i medici le vietavano. Ma nel 1603 cadde in un profondo stato depressivo. Non sopportava più i discorsi di governo, sentiva la morte vicina e si lasciava andare. Morì il 23 marzo nel Palazzo di Richmond pronunciando la famosa frase «Chiamatemi un prete: ho deciso di morire». Prossima ai settant’anni, un’età che nel XVII

La tomba di Elisabetta presso l'abbazia di Westminster.
La tomba di Elisabetta presso l’abbazia di Westminster.

secolo quasi nessuno arrivava a raggiungere, era la più anziana sovrana sino ad allora vissuta e non fu superata fino a che Giorgio II morì a settantasette anni nel 1760. Elisabetta fu seppellita nell’abbazia di Westminster, di fianco alla sorella Maria I. L’iscrizione sulla loro tomba recita: “Compagne nel trono e nella tomba, qui noi due sorelle, Elisabetta e Maria, riposiamo, nella speranza di un’unica resurrezione”.

Ritratto allegorico di Elisabetta anziana. Il Tempo la scruta, la Morte ghigna alle sue spalle e due cherubini sostengono la corona ormai troppo pesante.
Ritratto allegorico di Elisabetta anziana. Il Tempo la scruta, la Morte ghigna alle sue spalle e due cherubini sostengono la corona ormai troppo pesante.

Il testamento di Enrico VIII dichiarava che a Elisabetta dovevano succedere i discendenti della sorella minore di Enrico, Maria Tudor, piuttosto che i discendenti scozzesi di Margherita Tudor, e all’epoca della morte della regina c’erano alcuni possibili pretendenti in vita, oltre a Giacomo Stuart. Alcune opere storiche riferiscono che Elisabetta dichiarò Giacomo suo erede nel suo letto di morte, altre invece sostengono che essa mantenne fino alla fine il silenzio su questo argomento. In ogni caso nessun pretendente era abbastanza forte da poter seriamente contrastare la rivendicazione al trono di Giacomo Stuart, che poco dopo la sua morte fu proclamato re Giacomo I d’Inghilterra. Tale proclamazione ruppe la consuetudine perché non fu fatta dal nuovo sovrano stesso, ma dal Consiglio di Accessione, come sarebbe poi divenuto consuetudine nella pratica moderna.

Elisabetta e il matrimonio

Poco dopo la sua ascesa al trono, molti si chiedevano chi Elisabetta avrebbe sposato e i motivi per cui non si sposò restano oscuri anche se molte ipotesi in proposito sono state avanzate. Forse ebbe il timore di subire la stessa sorte della madre Anna Bolena (giustiziata dopo un processo farsa perché Enrico VIII si era stancato di lei e temeva che non avrebbe potuto dargli più figli) e della matrigna Catherine Howard, cugina della madre (decapitata appena ventenne con l’accusa di adulterio). Rimanendo nubile, inoltre, Elisabetta avrebbe evitato i rischi legati al parto, che certo non le erano ignoti: due delle sue matrigne, Jane Seymour e Catherine Parr morirono di quella che all’epoca era chiamata febbre puerperale, la Parr dopo essersi risposata con il suo antico pretendente Lord Seymour; si può supporre inoltre che ella rimase psicologicamente traumatizzata dalla sua (presunta) relazione infantile con Lord Seymour (che provocò molti scandali).

Eredità

Elisabetta è una dei sovrani più popolari dell’intera storia inglese. Tuttavia molti storici valutano il suo regno in modo non eccezionalmente positivo. Nonostante le vittorie militari, Elisabetta non ebbe un ruolo tanto decisivo quanto quello di altri re, come, ad esempio, suo padre Enrico VIII. Nel complesso, ella si dimostrò una regina capace: aiutò a stabilizzare la situazione economica del paese dopo aver ereditato da sua sorella Maria un enorme debito pubblico. Sotto di lei l’Inghilterra riuscì a respingere una pericolosa invasione da parte della Spagna e a evitare lo scoppio di guerre civili o religiose. Ma i suoi successi furono molto sopravvalutati dopo la sua morte.

Negli anni successivi fu spesso descritta come grande sostenitrice del protestantesimo in Europa, mentre, in realtà, i suoi interventi a favore degli alleati protestanti furono spesso decisi dopo molte esitazioni.

Molti artisti glorificarono Elisabetta e nascosero la sua età avanzata nei ritratti che le fecero, in cui è spesso dipinta in abiti sfarzosi e alla moda. Tra i musicisti, si ispirarono a lei Gioachino Rossini per la prima opera del suo periodo napoletano, Elisabetta, regina d’Inghilterra (1814-1815) e Benjamin Britten, con l’opera Gloriana, sulla relazione tra Elisabetta ed Essex, composta in occasione dell’incoronazione di Elisabetta II nel 1953.

Letteratura

Tra i romanzi ispirati a Elisabetta si possono citare: Legacy di Susan Kay, I, Elizabeth di Rosalind Miles, The Virgin’s Lover e The Queen’s Fool di Philippa Gregory, Queen of This Realm di Jean Plaidy, e Virgin: Prelude to the Throne di Robin Maxwell. La storia di Elisabetta è abbinata a quella di sua madre nel libro di Maxwell The Secret Diary of Anne Boleyn. The Queen’s Bastard, anch’esso di Maxwell, è la storia immaginaria del figlio di Elisabetta e Dudley. Alcuni decenni fa, Margaret Irwin scrisse una trilogia basata sulla giovinezza di Elisabetta: Young Bess, Elizabeth, Captive Princess e Elizabeth and the Prince of Spain. Gli scritti di Elisabetta sono stati raccolti e pubblicati dalla University of Chicago Press con il titolo di Elizabeth I: Collected Works.