Robespierre Maximilien

1758 - 1794

Robespierre Maximilien

ID: 4129

Autografi

Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre detto l’Incorruttibile (Arras, 6 maggio 1758 – Parigi, 28 luglio 1794) è stato un politico, avvocato e rivoluzionario francese, protagonista di spicco della Rivoluzione francesee del Regime del Terrore.

Gli storici e i contemporanei si sono divisi tra chi lo considerava e lo considera un estremista, un demagogo e un dittatore che causò le numerose esecuzioni di coloro che erano considerati nemici della Rivoluzione, e chi lo ritiene un idealista, cresciuto nelle idee dell’illuminismo, in particolare quelle di Jean-Jacques Rousseau, devoto alla causa rivoluzionaria della Repubblica fino al sacrificio della stessa vita.

In quest’ottica, le leggi speciali del Terrore, tra l’altro non proposte da lui, ma volute dall’intero Comitato di Salute Pubblica, vengono viste come una misura necessaria a causa della guerra civile ed esterna a cui era sottoposta la Francia, rimproverando invece gli eccessi ai suoi più accesi seguaci e rivali, più che a Robespierre in persona, e collocando la sua politica all’interno di un’emergenza rivoluzionaria che richiedeva anche atti estremi per salvare la nuova Repubblica e la sua fragilissima democrazia.

Questa visione più positiva, rispetto a quella degli storici anti-rivoluzionari, che lo vede come custode della Repubblica contro gli intrighi dei realisti, nonché un sincero protettore dei poveri, è stata messa in luce e divulgata in maniera organica da Albert Mathiez nei primi decenni del XX secolo, che ha negato il paragone con Oliver Cromwell, il dittatore inglese anti-monarchico del XVII secolo: lo storico francese indica invece in Robespierre uno dei padri della democrazia rappresentativa a suffragio universale, con intenti più sociali rispetto alla democrazia liberale di stampo statunitense.

Biografia

Le origini (1758-1769)

L’atto di nascita di Maximilien Robespierre

Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre nacque ad Arras (Artois), nel nord della Francia, alle due di notte del 6 maggio 1758, da una famiglia i cui ascendenti paterni esercitavano la professione notarile fin dal XVII secolo e appartenevano pertanto alla nobiltà di toga: il quadrisavolo Robert (1591-1663) fu notaio a Carvin e balivo di Oignies, come il figlio omonimo (1627-1707); il bisnonno Martin (1664-1720) fu procuratore a Carvin ed ebbe quattordici figli. Di questi, il terzogenito Maximilien (1694-1762), dopo la morte del padre, si trasferì ad Arras, dove esercitò l’avvocatura, come il figlio François de Robespierre (1732-1777), che, il 2 gennaio 1757, sposò Jacqueline Marguerite Carraut (1735-1764), figlia di un birraio, già incinta di Maximilien, il futuro rivoluzionario.

La coppia ebbe altri quattro figli: Charlotte (1760-1834), Henriette-Eulalie-Françoise (1761-1780) e Augustin (1763-1794); un ultimo figlio visse il solo giorno della nascita, il 4 luglio 1764. In conseguenza del parto, dieci giorni dopo, morì anche la madre e, se si deve credere alle memorie di Charlotte, il marito, caduto in depressione, avrebbe abbandonato i figli poco dopo. In effetti, si trovano ancora notizie della sua presenza ad Arras nel marzo 1766 e nell’ottobre 1768, ma due sue lettere, datate giugno 1770 e ottobre 1771, ci informano che egli viveva allora a Mannheim, in Germania. Dopo un ritorno ad Arras, nella primavera del 1772, del padre si perdono le tracce, finché un atto d’inumazione, scoperto nel 1958, attesta che egli morì a Monaco di Baviera il 6 novembre 1777. Tuttavia, un’altra versione lo dà emigrato in America.

Dopo la morte della madre, le due figlie furono accolte dalle zie paterne, che le mandarono in un convento di Tournai, e i due figli furono allevati dal nonno materno, Jacques-François Carraut. Maximilien entrò nel 1765 nel collegio di Arras. La sorella Charlotte, nelle sue memorie, lo descrive come giovane serio e posato. Nel 1769, grazie al suo impegno e alla raccomandazione del canonico Aymé presso il vescovo di Arras, Louis-François de Conzié, Maximilien ottenne una borsa di studio di 450 lire annue dall’abbazia di Saint-Vaast e poté così entrare nel Collegio Louis-le-Grand, a Parigi.

Gli studi (1769-1780)

Il Collegio Louis-le-Grand.

Il suo profitto negli studi fu brillante. Nel liceo ebbe per compagni Camille Desmoulins, più giovane di lui di due anni, che fu l’unico amico di quel periodo, Louis-Marie Stanislas Fréron ed i futuri ministri Lebrun-Tondu e Duport-Dutertre. Le testimonianze di Fréron e quelle dell’abate Proyart, prefetto del Collegio, concordano nel descrivere Robespierre allievo studioso, assiduo, solitario, poco espansivo e sognatore. Ben voluto dagli insegnanti, nel giugno 1775 fu scelto per pronunciare un elogio in versi latini diretto al nuovo re Luigi XVI (H. Leuwers, nella sua biografia del 2014, dimostra però che l’incontro non possa aver avuto luogo se non nel 1773 o 1779) giunto con la moglie a visitare il collegio; il sovrano, però, si dimostrò annoiato e prestò poca attenzione alle parole del giovane Robespierre e, una volta terminato il tributo, fece un semplice cenno di mano ai suoi servitori per proseguire la loro visita a Parigi. Tuttavia i destini di Luigi XVI e di Robespierre si sarebbero incrociati negli anni a venire in circostanze più drammatiche, ma quello fu un caso dove, forse per ironia della sorte, Robespierre rese omaggio ad un uomo che successivamente avrebbe fatto morire.

I suoi maestri l’avevano introdotto allo studio dell’eloquenza e Maximilien aveva prontamente assimilato lo spirito dell’orazione classica. Il suo maestro di eloquenza, l’abate Herivaux, ammirato dalla limpida forma letteraria e dal vigore delle sue orazioni, improntate alla morale stoica, ma ispirate anche dalla lettura di Plutarco, lo aveva soprannominato «il Romano». Come allora era in voga il classicismo nell’arte, così si ammiravano le virtù austere delle figure storiche dell’antichità e le forme politiche della Roma repubblicana, benché incompatibili con l’assolutismo dominante in Francia e nell’Europa intera. Tra i contemporanei, l’uomo che sembrava incarnare virtù antiche era certamente Jean-Jacques Rousseau, che una tradizione vuole aver ricevuto, nel 1778, una visita di Robespierre, come sembra confermare la Dedica di Maximilien Robespierre ai Mani di Jean-Jacques Rousseau, un foglio scritto di pugno dal rivoluzionario nel 1791:

« O Rousseau, io ti vidi nei tuoi ultimi giorni […] ho contemplato il tuo viso augusto […] da quel momento ho compreso pienamente le pene di una nobile vita che si sacrifica al culto della verità, e queste non mi hanno spaventato. La coscienza di aver voluto il bene dei propri simili è il premio dell’uomo virtuoso […] come te, io conquisterò quei beni, a prezzo di una vita laboriosa, a prezzo anche di una morte prematura »

Robespierre ottenne il baccellierato in diritto il 31 luglio 1780 e il diploma di licenza il 15 maggio 1781, insieme con la lode e 600 franchi, la somma più alta che fino ad allora un licenziato del Louis-le-Grand avesse mai ricevuto, che Maximilien devolse a favore degli studi del fratello minore Augustin. Terminati gli studi presso il collegio Loius-le-Grand, Robespierre frequentò brillantemente anche la prestigiosa università della Sorbona.

L’avvocato Robespierre (1780-1789)

Jean-Jacques Rousseau

Iscritto al registro degli avvocati del Parlamento di Parigi il 29 maggio, Maximilien tornò ad Arras per esercitarvi la propria professione. La situazione della sua famiglia era mutata. Erano morti nel 1775 la nonna, e il nonno materno nel 1778, lasciando un’eredità di 4.000 lire, e la sorella Henriette nel 1780. Le due zie paterne si erano sposate entrambe all’età di quarantuno anni: Eulalie il 2 gennaio 1776 con un anziano notaio dedicatosi al commercio, Robert Deshorties, Henriette il 6 febbraio 1777 con il medico Gabriel-François Du Rut. Domiciliato in un piccolo appartamento di rue Saumon con la sorella Charlotte, Maximilien s’iscrisse l’8 novembre 1781 al Consiglio provinciale di Artois, seguendo così le orme del padre e del nonno paterno, cominciandovi a esercitare l’avvocatura dal 16 gennaio 1782.

Il 9 marzo 1782, fu nominato dal vescovo de Conzié giudice del Tribunale vescovile. La Camera episcopale di Arras, composta da un balivo e da cinque avvocati, assicurava l’alta, la media e la bassa giustizia ad Arras, a Vitry, nel villaggio di Marcœuil e in ventisei parrocchie della regione. Si rese conto che la funzione di giudice non faceva per lui. Allora, contrario per principio alla pena di morte, dovette tuttavia applicarla una volta nei confronti di un criminale e diede subito dopo le dimissioni.

Robespierre continuò pertanto a esercitare soltanto la libera professione di avvocato, distinguendosi nel delicato Affare Deteuf. Egli difese una ragazza, Clementine Deteuf, guardarobiera della storica abbazia di Saint Sauveur d’Anchin, a Pecquencourt, la quale, invano insidiata dal monaco dom Brognart, per vendetta era stata falsamente accusata di furto da costui, che fu riconosciuto colpevole di diffamazione e condannato a risarcire la giovane Deteuf.

Nel maggio del 1783, Robespierre si distinse nel cosiddetto Affare del parafulmine, che il signor de Vissery de Bois-Valé era stato costretto a disinstallare dal tetto della sua casa per ordine delle autorità cittadine, le quali temevano avesse effetti nefasti. Bois-Valé, seguace dei Lumi e ammiratore della scienza, fece ricorso al Consiglio superiore dell’Artois e affidò il suo patrocinio a Robespierre, il quale pronunciò un’arringa rimasta famosa che gli valse la vittoria nella causa. Ne scrisse anche il Mercure de France: «Il signor Robespierre, giovane avvocato di raro talento, ha dimostrato in questo affare, che era la causa delle scienze e delle arti, un’eloquenza e una sagacia che danno un’ottima idea delle sue capacità».

Nel 1789, difese un certo Dupont, il quale, incarcerato ingiustamente per dodici anni con la semplice emissione di una lettre de cachet, richiedeva di ritornare in possesso di una sua legittima eredità. Nel processo, Robespierre si scagliò contro quell’odioso sistema, richiedendone la soppressione: «Come può ammettere l’autorità regia che dei privati, armati di lettres de cachet in bianco, che possono riempire a loro buon grado con i nomi di presunti criminali, tengano nei propri portafogli il destino di molti uomini, rievocando così il ricordo storico di quei famosi autori delle liste di proscrizione la cui mano tracciava, su tavolette insanguinate, la vita o la morte di una moltitudine di Romani?».

L’accademico Robespierre

Labille-Guiard: Robespierre nel 1786.

Intanto, dalla fine del 1782, Maximilien era andato ad abitare con la sorella in una casa in rue des Jésuites, dove visse fino alla partenza per Parigi. Il 15 novembre del 1783, Robespierre fu ricevuto nell’Académie di Arras grazie ai patrocini del collega Antoine-Joseph Buissart, con il quale aveva collaborato nell’Affare del parafulmine, e di Dubois de Fosseux, amico suo e di Gracchus Babeuf. Nell’occasione della cerimonia di insediamento, tenuta il 21 aprile 1784, vi lesse la dissertazione su L’origine dell’opinione che estendeva a tutti i componenti di una famiglia parte dell’ignominia associata alla pena infamante subita da un colpevole, che mandò all’Académie di Metz, ottenendo il secondo premio, consistente in una medaglia e 400 lire. La memoria fu oggetto della recensione di Pierre Louis de Lacretelle nel Mercure de France.

Robespierre pubblicò anche le memorie Elogio di Gresset, inviata al concorso bandito dall’Académie di Amiens del 1785, nella quale proponeva una legislazione più favorevole nei confronti dei figli illegittimi, e l’Elogio del presidente Dupaty, pubblicato nel 1789, in ricordo di Mercier Dupaty, presidente del Parlamento di Bordeaux, deceduto l’anno prima, un magistrato conosciuto e apprezzato da Robespierre studente a Parigi, nonché un filantropo avversario della barbarie delle pene in vigore a quei tempi.

Il 15 novembre 1785, fu accolto nel circolo letterario e musicale «Rosati», fondato ad Arras il 15 giugno 1778, che contava tra i suoi soci la migliore società della cittadina: dal capitano Lazare Carnot al musicista Pierre Cot, dal poeta Legay al conte de la Roque Rochemont. Al candidato veniva consegnato un diploma rosa, profumato di rosa, con un timbro a forma di rosa, sul quale erano scritti dei versi, al quale egli era tenuto a rispondere, improvvisando dei versi. E Robespierre improvvisò:

 Je vois l’épine avec la rose
Dans les bouquets que vous m’offrez
Et lorsque vous me célébrez
Vos vers découragent ma prose […] »

Il 4 febbraio 1786, fu eletto direttore dell’Académie royale des Belles-Lettres di Arras. Qui sostenne, seguendo l’opinione razionalista, il principio dell’eguaglianza dei sessi e il diritto delle donne a far parte delle Accademie scientifiche e umanistiche, favorendo così, nel febbraio del 1787, l’ingresso nell’Accademia di Arras di due letterate, Marie Le Masson Le Golft e Louise-Félicité de Kéralio.

Il periodo del Terrore (1793-1794)

« Nel sistema instaurato con la rivoluzione francese tutto ciò che è immorale è impolitico, tutto ciò che è atto a corrompere è controrivoluzionario. Le debolezze, i vizi, i pregiudizi sono la strada della monarchia.»

Robespierre.

Robespierre, alla fine del 1792, chiese la condanna a morte di Luigi XVI, attuata il 21 gennaio 1793, come una misura eccezionale, in quanto egli era al tempo, in linea di massima, contrario alla pena capitale, anche se successivamente si convinse che andasse invece usata nel tempo della guerra e della rivoluzione:

« Sì, la pena di morte in generale è un delitto e ciò per l’unica ragione che essa non può essere giustificata in base ai princìpi indistruttibili della natura, salvo il caso in cui sia necessaria alla sicurezza degli individui o dei corpo sociale. (…) Ma quando si tratta di un re detronizzato nel cuore di una rivoluzione tutt’altro che consolidata dalle leggi, di un re il cui solo nome attira la piaga della guerra sulla nazione agitata, né la prigione, né l’esilio, possono rendere la sua esistenza indifferente alla felicità pubblica, e questa crudele eccezione alle leggi ordinarie che la giustizia ammette può essere imputata soltanto alla natura dei suoi delitti. Io pronuncio con rincrescimento questa fatale verità. Io vi propongo di decidere seduta stante la sorte di Luigi. Per lui, io chiedo che la Convenzione lo dichiari da questo momento traditore della nazione francese e criminale verso l’umanità. »
(Discorso del 3 dicembre 1792.)

Discussione tra Marat, Danton e Robespierre

Entrato nel Comitato di Salute Pubblica, il 27 luglio 1793, in veste di suo rappresentante intraprese un’azione politica volta ad alleviare la miseria delle classi più umili e a recepire le indicazioni dei sanculotti. Seppure contrario alla guerra, fu tra i più attivi nel rafforzare militarmente l’esercito repubblicano, attraverso provvedimenti di controllo dell’economia, per esempio la razione minima sul pane, sul sale e sulla farina. Questi ed altri provvedimenti sarebbero stati ripresi dalla Costituzione del 1793, sebbene questa non sia mai effettivamente entrata in vigore.

Preoccupato dagli eventi bellici, dai tentativi contro-rivoluzionari e deciso a estirpare ogni residuo della monarchia e dell’Ancien régime, decise di sostenere la politica del cosiddetto Terrore, decisa dal Comitato nel suo insieme, nel corso del quale si procedette all’eliminazione fisica di tutti i possibili nemici della rivoluzione francese. Il 6 novembre 1793, Robespierre, intuendo la corruzione diffusa, annotò nel suo diario che bisognava “salvare l’onore della Convenzione e della Montagna; distinguere tra i principali responsabili della corruzione e quelli che sono stati sviati per debolezza”. Il 14 novembre (24 brumaio) 1793, François Chabot rivelò a Robespierre un complotto politico finanziario in cui erano implicati esponenti politici, aziende, banchieri e governi esteri, il cosiddetto “scandalo della Compagnia francese delle Indie Orientali”. Chabot riferì che Maximilien, pur volendo cominciare i processi, gli consigliò di rivolgersi al Comitato di sicurezza generale e di risparmiare i patriotes, cioè i giacobini più fidati. Tra i giacobini iniziò una battaglia politico-giudiziaria. Molti furono gli arrestati tenuti in carcere senza interrogatorio. L’anno seguente, Chabot finì ghigliottinato, assieme a Fabre d’Églantine, uno dei realizzatori del calendario rivoluzionario francese.

Robespierre e le leggi terroristiche

« Vi dicevo che il popolo deve fare affidamento sulla propria forza. Ma quando è oppresso, quando può contare soltanto più su sé stesso, sarebbe un vile chi gli dicesse di non sollevarsi. Proprio quando tutte le leggi sono violate, quando il dispotismo tocca l’apice, quando la buona fede ed il pudore vengono calpestati, il popolo deve insorgere. »
(Parole pronunciate da Robespierre il 26 maggio 1793.)

Il marchese di Condorcet

Il numero delle vittime causate dal periodo del Terrore è quantificabile con difficoltà. Aurelio Musi ne conta 16.594. Secondo altri storici, i morti sarebbero stati 70.000, prevalentemente appartenenti alla media borghesia. Altri ancora parlano, con le approssimazioni del caso, di circa 35.000 esecuzioni, delle quali ben 12.000 senza processo. La metodica cancellazione di ogni forma di dissenso fu eseguita anche mediante l’incarcerazione di circa 100.000 persone, alcuni studiosi arrivano addirittura a stimarne 300.000, soltanto perché sospettate di attività controrivoluzionaria. Va ricordato che la Rivoluzione, secondo la sensazione di molti suoi sostenitori, era attaccata sia dall’estero che internamente e che Robespierre non deteneva affatto un potere assoluto e dittatoriale, ma solo una maggiore autorità morale in quanto leader della fazione maggioritaria; è altresì difficile comprendere, data la sua propensione iniziale contro la pena capitale per principio, il perché di un cambiamento così netto da permettere ai tribunali di applicare processi sommari in gran numero, e quanto ne fosse davvero responsabile personalmente; senza dubbio non fu a conoscenza di ogni condanna, né la ordinò (come affermarono i suoi nemici), ma non vide o non volle vedere la degenerazione in atto nei principi rivoluzionari, o forse ritenne questa fase indispensabile per la rigenerazione di un sistema ritenuto completamente corrotto. Egli riteneva che, in ogni caso, senza un’educazione del popolo, la sola repressione sarebbe stata completamente inutile, perché, affermò “L’immoralità è la base del dispotismo, come la virtù è l’essenza della Repubblica. Il terrore senza la virtù è funesto”. Il suo voto personale contò sempre, comunque, solo 1/12 di quelli dell’intero Comitato, in caso i suoi l’avessero messo in minoranza, né Robespierre disponeva di un esercito personale con cui imporre un regime. Queste misure drastiche erano quindi considerate necessarie dall’intero Comitato e anche dalla Convenzione, più che decise dall’Incorruttibile. In particolare, fu l’atteggiamento di Jacques-René Hébert – cambiato dopo la morte di Jean-Paul Marat, il 13 luglio 1793, e la crisi dell’estate – che divenne sempre più radicale. Anche lo stesso Marat era stato considerato il principale artefice dell’istituzione del Terrore e della strage dei girondini, e questo fu il motivo del suo assassinio da parte di Charlotte Corday, che intendeva vendicare i suoi compagni di lotta.

Tra le persone ghigliottinate durante questo periodo, con sentenze pronunciate in gran parte dai comitati rivoluzionari creati da Georges Jacques Danton, vi furono nobili come la regina Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena (alcuni oggetti della regina, tra cui un libro di preghiere con annotazioni a mano, furono trovati nei cassetti di Robespierre) e il chimico Antoine-Laurent de Lavoisier, oltre che rivoluzionari come lo stesso Danton, leader dei giacobini Moderati e avvicinatosi agli Indulgenti, considerato troppo moderato e favorevole ad una conciliazione con i girondini e i monarchici costituzionali, seguito da Camille Desmoulins e, più tardi, Chaumette ed Hébert, tutti popolari capi, e il duca Filippo d’Orléans, soprannominato Filippo Égalité (uguaglianza), nobile e cugino del re, che aveva appoggiato la rivoluzione, nonché padre del futuro re Luigi Filippo. Per questi eventi si disse che la rivoluzione divora i suoi figli. Inoltre, fu decapitata Olympe de Gouges, fondatrice del Centre Socìal e girondina, che si batteva attivamente per i diritti delle donne e aveva difeso Maria Antonietta, mentre il girondino Marchese di Condorcet, matematico e filosofo, venne arrestato e si suicidò in carcere. Dopo la morte di Danton, Robespierre divenne il membro più importante del Comitato di salute pubblica.

La caduta

Venuto meno il pericolo di un’invasione straniera, le misure eccezionali, emanate durante il Terrore, iniziarono a sembrare eccessive e i loro responsabili a essere malvisti, anche perché il crescente clima di terrore faceva sì che chiunque si sentisse un possibile bersaglio e futura vittima, in particolare dopo che era stato ghigliottinato anche Danton, uno dei capi più accesi e popolari. Tale cambiamento di situazione internazionale assicurò un ampio sostegno al colpo di Stato organizzato dagli avversari politici di Robespierre anche all’interno dell’Assemblea della Convenzione. Robespierre distingueva tra governo costituzionale, che protegge una Repubblica, e governo rivoluzionario, che deve costruirla. Secondo René Levasseur, “lungi dal chiedere la fine del Governo rivoluzionario, come qualcuno ha detto, egli raccomandò di mantenerlo, pur insistendo che venisse epurato dei furfanti e dei traditori che si erano infiltrati nelle sue file. Quanto al terrore, egli voleva che se ne alleggerisse il peso nei confronti del popolo, ma che diventasse più giusto e più severo verso gli aristocratici e i nemici della civica virtù”.

Jean-Lambert Tallien minaccia con un pugnale Maximilien de Robespierre, durante la seduta del 9 Termidoro.

 L’arresto di Robespierre.

I nemici di Robespierre misero in giro la voce che volesse restaurare la monarchia costituzionale istituita nel 1791, ponendo sul trono il delfino Luigi Carlo, di nove anni, allora prigioniero dopo l’esecuzione della regina Maria Antonietta nel 1793, e nominare sé stesso reggente del regno. Altri lo calunniarono, dicendo avesse finanziato Catherine Theot, un’anziana predicatrice nota per diffondere una profezia secondo cui Robespierre era un nuovo Messia. Dopo quattro settimane di assenza, finalmente, il 26 luglio 1794, Robespierre si presentò alla convenzione, dove tenne un discorso di più di due ore. Egli ammonì sulla possibilità di una cospirazione contro la Repubblica, minacciò alcuni deputati che avevano, a suo parere, agito ingiustamente e avevano ecceduto nei loro poteri e che andavano dunque puniti, infine suggerì che il Comitato di Salute Pubblica e quello della Sicurezza generale, suo avversario da molto tempo, fossero rinnovati.

Tali velate minacce crearono grande agitazione nella Convenzione. Robespierre non aveva fatto nomi e ci si chiese chi fossero i deputati destinati ad essere puniti. Tutti erano peraltro sorpresi che l’Incorruttibile imputasse il terrore agli eccessi di quel Comitato di Salute Pubblica di cui lui stesso era membro.

Il giorno successivo, il 27 luglio, o secondo il calendario rivoluzionario il 9 Termidoro, tuttavia, a dimostrazione che il clima era decisamente cambiato, quando Saint-Just, molto vicino a Robespierre, iniziò a parlare alla Convenzione, fu continuamente interrotto da violente proteste. Jean-Lambert Tallien, Billaud-Varenne e Vadier attaccarono nuovamente Robespierre e numerose furono le grida di “abbasso il tiranno!”.

Quando Robespierre esitò nel replicare a questi attacchi, si alzò il grido C’est le sang de Danton qui t’étouffe (è il sangue di Danton che ti soffoca). Seguì una rissa in cui Tallien sguainò un pugnale e minacciò Robespierre in mezzo alla Convenzione. Robespierre tentò invano di continuare a parlare, ma, alle cinque del pomeriggio, lui, Couthon e Saint-Just, con due altri giovani deputati, il fratello minore Augustin Robespierre e Philippe-François-Joseph Le Bas, gli unici rimasti nella convenzione a sostenere Robespierre, furono arrestati. Robespierre ebbe parole di rassegnazione prima di essere arrestato: “La Repubblica è perduta…i briganti trionfano”.

Esecuzione e conseguenze in Francia

Robespierre colpito al volto da un colpo di pistola, nei tafferugli seguiti al suo arresto.

Nessuna prigione accettò però di incarcerarlo e, nelle ore successive, Robespierre si ritrovò libero con gli altri suoi sostenitori e fu condotto dalle truppe della Comune di Parigi all’Hôtel de Ville, dove fu raggiunto dai suoi fedeli, guidati da Payan e Coffinhal.

Erano tuttavia passati i giorni in cui la Comune poteva dettar legge alla Convenzione. I sanculotti erano stanchi e avrebbero agito di malavoglia, pensando che la fine del governo giacobino avrebbe favorito lo sblocco dei salari. Alla notizia della liberazione di Robespierre, la Convenzione si riunì nuovamente e dichiarò fuori legge i membri della Comune e i deputati da questi liberati. La Guardia nazionale, sotto il comando di Barras, ebbe grandi difficoltà nel raggiungere l’Hôtel de Ville.

Nella mattinata del 28 luglio 1794, le Guardie Nazionali, fedeli della Convenzione, si impadronirono, senza trovare ulteriore resistenza, dell’Hôtel de Ville e arrestarono numerosi dirigenti giacobini fedeli a Robespierre, tra cui nuovamente Saint-Just, Couthon, Le Bas, poco dopo suicida, e Augustin, il quale, nel tentativo di sfuggire alla cattura, si gettò dalla finestra sul selciato, dove fu raccolto in fin di vita. Su ciò che successe a Maximilien le opinioni degli storici divergono.

Robespierre ferito e gli altri arrestati, detenuti in attesa dell’esecuzione sulla ghigliottina.

C’è chi sostiene che egli cercò di opporre resistenza, ma un colpo di pistola, sparato dal gendarme Charles-André Merda, gli fracassò la mascella. Altri storici, fra cui Thomas Carlyle e, soprattutto, Albert Mathiez, accreditano la tesi del tentato suicidio. Altra ipotesi quella dello sparo accidentale dell’arma impugnata dallo stesso Robespierre per propria difesa, nel momento in cui lo stesso cadde in terra nei momenti concitati della tentata fuga per le scale del palazzo. A capo delle guardie vi era Léonard Bourdon, ex hebertista, che aveva avuto contrasti con Robespierre all’epoca della campagna per l’ateismo di stato, sostenuto da Bourdon contro Robespierre. I chirurghi, incaricati di bendargli la mascella rotta, per evitare che non potesse essere ghigliottinato perché infermo, riferirono che l’Incorruttibile non emise un lamento, benché il dolore fisico dovesse essere molto forte, per una frattura di quel genere. Per tutto il tempo, Robespierre continuò a guardare in alto, in un atteggiamento quasi mistico.

Tutti i prigionieri catturati, una ventina, vennero condotti alla Conciergerie per un formale atto di riconoscimento e quindi inviati, senza processo, dopo circa quattordici ore dalla cattura, alla ghigliottina in Place de la Révolution, tra la folla esultante per la fine del “tiranno” Robespierre. Sia Augustin che Maximilien erano moribondi. Robespierre era ferito e frastornato, con una vistosa fasciatura alla mascella, e pare avesse anche la febbre. Un testimone oculare, Desessarts, affermò che era in condizioni pietose: “Il suo volto era in parte coperto da panni sporchi e insanguinati. Quel poco che si vedeva dei suoi tratti era orribilmente sfigurato. Non dava alcun segno di sensibilità. I suoi occhi erano chiusi, si aprirono solo quando fu trascinato verso il patibolo”. Non disse una parola, solo ebbe un grido di dolore quando gli tolsero la fasciatura per salire ed essere messo sulla ghigliottina. La stessa sorte toccò, il giorno dopo, ad altri ottanta seguaci di Robespierre, facendo quindi diminuire nettamente l’influenza giacobina in Francia.

Il corpo di Robespierre, come quello degli altri giustiziati, dopo che le loro teste erano state mostrate al popolo com’era uso, finì in una fossa comune del Cimitero degli Errancis, cosparso di calce viva. L’ossario del cimitero verrà traslato da Luigi XVIII nelle cosiddette Catacombe di Parigi, dove, tra migliaia di resti, è probabile si trovino tuttora quelli dell’Incorruttibile. La scultrice Marie Tussaud, fondatrice del celebre museo delle cere “Madame Tussauds”, eseguì un calco mortuario della testa di Robespierre, realizzandone un modello in cera (fornendo la base per molte ricostruzioni). Nel 2013, basandosi su questo modello, alcuni ricercatori hanno ricostruito, con tecniche di antropologia forense, il vero volto di Robespierre (perlomeno quello che aveva poco prima di morire), rivelando che, come quello di Danton, era segnato dal vaiolo che colpì regolarmente la Francia nel XVIII secolo. L’Incorruttibile avrebbe sofferto di altre patologie, tra cui la sarcoidosi, una malattia del sistema immunitario, ad eziologia non chiara, che causa vari sintomi, descritti da testimoni dell’epoca, come problemi alla vista, sangue dal naso, astenia, frequenti ulcere alle gambe e lesioni della pelle del volto. La diagnosi retrospettiva è stata quella di sarcoidosi diffusa, con compromissione degli occhi, delle vie respiratorie, del fegato e del pancreas.

Un celebre ritratto di Robespierre.

L’esecuzione di Robespierre e del fratello Augustin, assieme a Saint-Just, Couthon e tutto il gruppo dirigente giacobino.

Con la morte di Robespierre finì il periodo del Terrore giacobino e iniziò il governo dei Termidoriani, tra cui vi erano, oltre agli ex giacobini e qualche hebertista, anche molto più estremi di Robespierre e riciclatisi come moderati e uomini d’ordine, molti ex indulgenti dantoniani, membri della Pianura e sopravvissuti girondini, espressione della borghesia moderata, che diedero corso per un certo periodo al cosiddetto Terrore bianco, volto ad eliminare gli oppositori e segnatamente i giacobini, emettendo numerose condanne a morte, come numero quasi pari alle precedenti e diffamando ogni azione politica di Robespierre e dei giacobini. Il club venne messo fuori legge, anche se non cessò le sue attività, anche utilizzando altri nomi, in Francia e nelle cosiddette repubbliche sorelle di qualche anno dopo. La maggioranza della nazione accolse con favore la caduta di Robespierre e dei giacobini. Essa ritenne che questo momento decisivo segnasse la fine del rigore e dell’estremismo del governo rivoluzionario e del Terrore. La coalizione che aveva eliminato Robespierre ben presto si disgregò e furono le correnti moderate della Convenzione, affiancati da Tallien, Fréron e Rovère, che dominarono il periodo termidoriano. Sorsero nuovi giornali aderenti alla nuova situazione politica, ricomparvero speculatori e finanzieri.

Solo una minoranza della piccola borghesia e dell’artigianato, impegnata nel governo rivoluzionario in periferia e nei club, comprese l’importanza della caduta di Robespierre e della vittoria dei moderati della Convenzione. In questi ambienti, l’amarezza, la preoccupazione e la disperazione furono diffusi. Alcuni patrioti si suicidarono, ad Arras e a Nîmes si parlò di marciare in aiuto di Robespierre. La madre della Duplay, arrestata con altri familiari, si impiccò in cella. Alcuni rifiutarono di credere alle notizie. I Termidoriani avevano ora il potere e la forza per dominare la situazione e repressero facilmente le opposizioni dei partigiani di Robespierre in tutta la nazione. Si procedette ad arresti ed epurazioni immediate contro i cosiddetti “bevitori di sangue”, identificati con i giacobini.