Mazzini Giuseppe

1808 - 1872

Mazzini Giuseppe

ID: 3997

Autografi

Giuseppe Mazzini (Genova, 22 giugno 1805 – Pisa, 10 marzo 1872) è stato un patriota, politico, filosofo e giornalista italiano, nato nell’allora territorio della Repubblica Ligure, annessa da pochi giorni al primo impero francese.Le sue idee e la sua azione politica contribuirono in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano; le condanne subite in diversi tribunali d’Italia lo costrinsero però alla latitanza fino alla morte. Le teorie mazziniane furono di grande importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per l’affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello Stato.

Biografia

Monumento a Giuseppe Mazzini, accanto a Palazzo Doria-Spinola, sede della Prefettura, a piazza Corvetto (Genova)

Famiglia e giovinezza

« Gl’istinti repubblicani di mia madre m’insegnarono a cercare nel mio simile l’uomo, non il ricco o il potente; e l’inconscia semplice virtù paterna m’avvezzò ad ammirare, più che la boriosa atteggiata mezza-sapienza, la tacita inavvertita virtù di sagrificio ch’è spesso in voi. »
(Giuseppe Mazzini, Agli operai italiani)

Nato da Giacomo (medico e professore di anatomia, originario di Chiavari e personaggio attivo nella politica ai tempi della Repubblica Ligure e in epoca napoleonica, nato nel 1767 e morto nel 1848) e da Maria Drago (1774-1852) di Pegli (fervente giansenista, a cui Mazzini fu molto legato), veniva chiamato “Pippo” dai genitori e dalle tre sorelle. Terminati gli studi superiori, a 18 anni si iscrisse all’ Università degli Studi di Genova in medicina, come voleva suo padre, ma – stando a un racconto della madre – vi rinunciò dopo essere svenuto al primo esperimento di necroscopia.

La casa di Giuseppe Mazzini a Genova, in cui oggi si trovano l’Istituto Mazziniano e il museo del Risorgimento

Si iscrisse allora a legge, dove si segnalò per la sua ribellione ai regolamenti di stampo religioso che imponevano di andare a messa e di confessarsi; a 25 anni fu arrestato perché, proprio in chiesa, si rifiutò di lasciare il posto ai cadetti del Collegio Reale d’Austria. Lo appassionava la letteratura: si innamorò delle letture di Goethe, Shakespeare e Ugo Foscolo (pur non condividendone la filosofia materialista), restando così colpito dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis da volersi vestire sempre di nero, in segno di lutto per la patria oppressa.

La passione per la letteratura, insieme a quella per la musica (era un abile suonatore di chitarra), la ebbe per tutta la vita: oltre agli autori citati, lesse Dante, Schiller, Alfieri, i grandi poeti romantici comeLord Byron, Percy Bysshe Shelley, Keats, Wordsworth, Coleridge e i narratori come Alexandre Dumas padre e le sorelle Brontë. Nel 1821 ebbe il suo trauma rivelatore: a Genova passarono i Federati piemontesi reduci dal loro tentativo di rivolta e così, nel giovane Mazzini, si affacciò per la prima volta il pensiero «che si poteva, e quindi si doveva, lottare per la libertà della Patria».

Iniziò ad esercitare la professione nello studio di un avvocato, ma l’attività che lo impegnava era quella di giornalista presso l’Indicatore genovese, sul quale Mazzini iniziò a pubblicare recensioni di libri patriottici; la censura lasciò fare per un po’, ma poi soppresse il giornale. Nel 1826 scrisse il primo saggio letterario, Dell’amor patrio di Dante, pubblicato poi nel 1837. Il 6 aprile del 1827 ottenne la laurea in diritto civile e in diritto canonico (in utroque iure). Nello stesso anno divenne membro della carboneria, della quale divenne segretario in Valtellina.

L’attività cospirativa

La casa di Mazzini in Laystall Street a Londra, dove abitò per molto tempo

Per la sua attività cospirativa fu arrestato su ordine di Carlo Felice di Savoia e detenuto a Savona nella Fortezza del Priamar per un breve periodo, tra il novembre 1830 e il gennaio 1831. Durante la detenzione ideò e formulò il programma di un nuovo movimento politico chiamato Giovine Italia che, dopo essere stato liberato per mancanza di prove, presentò e organizzò nel 1831 a Marsiglia in Francia dove era stato costretto a rifugiarsi in esilio.

I motti dell’associazione erano Dio e popolo e Unione, Forza e Libertà e il suo scopo era l’unione degli stati italiani in un’unica repubblica con un governo centrale quale sola condizione possibile per la liberazione del popolo italiano dagli invasori stranieri. Il progetto federalista infatti, secondo Mazzini, poiché senza unità non c’è forza, avrebbe fatto dell’Italia una nazione debole, naturalmente destinata a essere soggetta ai potenti stati unitari a lei vicini: il federalismo inoltre avrebbe reso inefficace il progetto risorgimentale, facendo rinascere quelle rivalità municipali, ancora vive, che avevano caratterizzato la peggiore storia dell’Italia medioevale.

La sentenza di condanna a morte del 1833

L’obiettivo repubblicano e unitario avrebbe dovuto essere raggiunto con un’insurrezione popolare condotta attraverso una guerra per bande. Durante l’esilio in Francia, Mazzini ebbe una relazione con la nobildonna mazziniana e repubblicana Giuditta Bellerio Sidoli, vedova di Giovanni Sidoli, giovane e ricco patriota di Montecchio Emilia che aveva sposato all’età di 16 anni. Giuditta aveva condiviso con il marito la fede politica che, portandolo a cospirare contro la corte estense, aveva costretto la coppia a esiliare in Svizzera. Nel 1829 Giovanni, colpito da una grave malattia polmonare, morì a Montpellier.

Poiché la giovane vedova non aveva ricevuto alcuna condanna ritornò a Reggio Emilia presso la famiglia del marito con i suoi quattro figli: Maria, Elvira, Corinna e Achille. Dopo il fallimento dei moti del 1831 Giuditta fu costretta a fuggire in Francia dove conobbe Mazzini a cui si legò sentimentalmente. Nel 1832 nacque Joseph Démosthène Adolphe Aristide Bellerio Sidoli detto Adolphe (secondo Bruno Gatta quasi sicuramente figlio di Mazzini) che, lasciato dalla madre in affidamento, morirà a soli tre anni nel 1835.

Il 26 ottobre 1833, dopo che nel 1831 aveva tentato invano di portare dalla parte liberale il nuovo re Carlo Alberto di Savoia, con una lettera celebre firmata “un italiano”, Mazzini fu condannato a “morte ignominiosa” in contumacia, insieme a Pasquale Berghini e Domenico Barberis, dal Consiglio Divisionario di Guerra, presieduto dal maggior generale Saluzzo Lamanta. La condanna verrà revocata nel 1848, quando Carlo Alberto decise infine di concedere un’amnistia generale.

Notizia dell’arresto di Giuseppe Mazzini, Gazzetta piemontese del 16 agosto 1870

Rifugiatosi in Svizzera nel 1834, nella cittadina di Grenchen, nel canton Soletta, vi rimase sino a quando fu arrestato dalla polizia cantonale che gli ingiunse di lasciare la Confederazione entro 24 ore. Per impedirne l’allontanamento l’assemblea dei cittadini di Grenchen conferì al giovane profugo la cittadinanza con 122 voti a favore contro 22 contrari che fu però invalidata dal governo cantonale. Mazzini, che nel frattempo si era nascosto, alla fine fu scoperto e dovette lasciare la Svizzera assieme ad altri esuli tra i quali Agostino e Giovanni Ruffini.

Nel 1837 cominciò il lungo soggiorno a Londra (con alcune interruzioni, come nel 1849, durò fino al 1868), dove raccolse attorno a sé esuli italiani e persone favorevoli al repubblicanesimo in Italia, dedicandosi, per vivere, all’attività di insegnante dei figli degli italiani; qui conobbe e frequentò anche diverse personalità inglesi, tra cui Mary Shelley  vedova del poeta P.B. Shelley), Anne Isabella Milbanke (vedova del poeta Lord Byron, idolo di gioventù di Mazzini), il filosofo ed economista John Stuart Mill, Thomas Carlyle con sua moglie Jane Welsh e lo scrittore Charles Dickens, che finanziò la sua scuola. Nello stesso quartiere visse anche Karl Marx.

Mazzini fondò poi altri movimenti politici per la liberazione e l’unificazione di altri stati europei: la Giovine Germania, la Giovine Polonia e infine la Giovine Europa. La Giovane Europa, fondata nell’aprile 1834 presso Berna in accordo con altri rivoluzionari stranieri, ha tra i suoi principi ispiratori quello della costituzione degli Stati Uniti d’Europa. In questa occasione egli estese dunque il desiderio di libertà del popolo italiano (che si sarebbe attuato con la repubblica) a tutte le nazioni Europee. L’associazione rivoluzionaria europea aveva come scopo specifico l’agire dal basso in modo comune e, usando strumenti insurrezionali e democratici, realizzare nei singoli Stati una coscienza nazionale e rivoluzionaria. Sulla scia della Giovane Europa Mazzini nel 1866 fonda anche l’Alleanza Repubblicana Universale.

Il movimento della Giovane Europa ebbe anche un forte ruolo di promozione dei diritti della donna, come testimonia l’opera di numerose mazziniane, tra cui la citata Bellerio Sidoli, ma anche Cristina Trivulzio di Belgiojoso e Giorgina Saffi, la moglie di Aurelio Saffi, uno dei più stretti collaboratori di Mazzini e suo erede per quanto riguarda il mazzinianesimo politico. Mazzini continuò a perseguire il suo obiettivo dall’esilio e in mezzo alle avversità con inflessibile costanza, convinto che questo fosse il destino dell’Italia, e che nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Tuttavia, nonostante la sua perseveranza, l’importanza delle sue azioni fu più ideologica che pratica.

Dopo il fallimento dei moti del 1848, durante i quali Mazzini era stato a capo della breve esperienza della Repubblica Romana insieme ad Aurelio Saffi e Carlo Armellini, i nazionalisti italiani cominciarono a vedere nel re del Regno di Sardegna e nel suo Primo Ministro Camillo Benso conte di Cavour le guide del movimento di riunificazione. Ciò volle dire separare l’unificazione dell’Italia dalla riforma sociale e politica invocata da Mazzini. Cavour fu abile nello stringere un’alleanza con la Francia e nel condurre una serie di guerre che portarono alla nascita dello stato italiano tra il 1859 e il 1861, ma la natura politica della nuova compagine statale era ben lontana dalla repubblica mazziniana.

A Londra, nel 1850, Mazzini per reagire alla caduta della Repubblica Romana ed in continuità con essa, fondò il Comitato Centrale Democratico Europeo ed il Comitato Nazionale Italiano, lanciando il Prestito Nazionale Italiano, le cui cartelle portavano appunto lo stemma della Repubblica romana del 1849 e l’intitolazione del prestito «diretto unicamente ad affrettare l’indipendenza e l’unità d’Italia». A garanzia del prestito le cartelle recavano la firma degli ex triumviri Mazzini, Saffi e, in assenza dell’irreperibile Armellini, Mattia Montecchi. La diffusione delle cartelle nel Lombardo-Veneto ebbe come immediata conseguenza la ripresa dell’attività cospirativa e rivoluzionaria soprattutto a Mantova..

Dopo l’Unità: gli ultimi anni

Il 25 febbraio 1866 Messina fu chiamata al voto per eleggere i suoi deputati al nuovo parlamento di Firenze. Mazzini era candidato, nel secondo collegio, ma non poté fare campagna elettorale perché esule a Londra. Pendevano sul suo capo due condanne a morte: una inflitta dal tribunale di Genova per i moti del 1857 (il 19 novembre 1857, in primo grado, il 20 marzo 1858 in appello); un’analoga condanna a morte era stata inflitta dal tribunale di Parigi per complicità in un attentato contro Napoleone III. Inaspettatamente, Mazzini vinse con larga messe di voti (446). Il 24 marzo, dopo due giorni di discussione, la Camera annullava l’elezione in virtù delle condanne precedenti.

Il letto di morte di Mazzini, distrutto durante i bombardamenti di Pisa del 1943

Due mesi dopo gli elettori del secondo collegio di Messina tornarono alle urne: vinse di nuovo Mazzini. La Camera, dopo una nuova discussione, il 18 giugno riannullò l’elezione. Il 18 novembre Mazzini viene rieletto una terza volta; dalla Camera, questa volta, arrivò la convalida. Mazzini, tuttavia, anche nel caso fosse giunta un’amnistia o una grazia, decise di rifiutare la carica per non dover giurare fedeltà allo Statuto Albertino, la costituzione dei monarchi sabaudi. Egli infatti non accettò mai la monarchia e continuò a lottare per gli ideali repubblicani.

Nel 1868 lasciò Londra e si stabilì in Svizzera, a Lugano. Due anni dopo furono amnistiate le due condanne a morte inflitte al tempo del Regno di Sardegna: Mazzini quindi poté rientrare in Italia e, una volta tornato, si dedicò subito all’organizzazione di moti popolari in appoggio alla conquista dello Stato Pontificio. L’11 agosto partì in nave per la Sicilia, ma il 14, all’arrivo nel porto di Palermo, fu tratto in arresto (la quarta volta nella sua vita) e recluso nel carcere militare di Gaeta.

Nel febbraio 1871, partito da Basilea e in viaggio nel passo del San Gottardo, conobbe in una carrozza Friedrich Nietzsche, allora poco conosciuto filologo e docente. Questo incontro sarà testimoniato dallo stesso Nietzsche anni dopo.

Costretto di nuovo all’esilio, riuscì a rientrare in Italia sotto il falso nome di Giorgio Brown (forse un riferimento a John Brown) a Pisa, il 7 febbraio del 1872. Qui, malato già da tempo, visse nascosto nell’abitazione di Pellegrino Rosselli, antenato dei fratelli Rosselli e zio della moglie di Ernesto Nathan, fino al giorno della sua morte, avvenuta il 10 marzo dello stesso anno, quando la polizia stava ormai per arrestarlo nuovamente.

Le traversie della salma

Silvestro Lega, Mazzini morente

La notizia della sua morte si diffuse rapidamente, commuovendo l’Italia; il suo corpo fu imbalsamato dallo scienziato Paolo Gorini, appositamente fatto accorrere da Lodi su incarico di Agostino Bertani: Gorini disinfettò la salma per permettere l’esposizione. Una folla immensa partecipò ai funerali, svoltisi nella città toscana il pomeriggio del 14 marzo, accompagnando il feretro al treno in partenza per Genova, dove venne sepolto al Cimitero monumentale di Staglieno.

Le esequie furono accompagnate dalla musica della storica Filarmonica Sestrese C. Corradi G. Secondo. Successivamente Gorini ricominciò a lavorare sul corpo di Mazzini, onde pietrificarlo secondo la sua tecnica di mummificazione; terminò il lavoro qualche anno dopo. Nel 1946 avvenne la ricognizione della mummia, che fu sistemata ed esposta al pubblico in occasione della nascita della Repubblica Italiana: da allora riposa nuovamente nel sarcofago del mausoleo.

Il mausoleo

Benché sia incerta l’affiliazione di Mazzini alla Massoneria fu l’associazione stessa a commissionare il mausoleo all’architetto mazziniano Gaetano Vittorino Grasso che lo realizzò in stile neoclassico adornandolo con alcuni simboli massonici.

Il sepolcro reca all’esterno la scritta “Giuseppe Mazzini” e all’interno sono presenti numerose bandiere tricolori repubblicane e iscrizioni lasciate da gruppi mazziniani o da personalità come Carducci,. Sulla lapide è scolpita la scritta “Giuseppe Mazzini. Un Italiano” , che era la firma da lui apposta nella lettera a Carlo Alberto, e l’epitaffio:

« Il corpo a Genova, il nome ai secoli, l’anima all’umanità »

Dubbi sull’affiliazione massonica

La maggioranza degli storici ritiene che verosimilmente Mazzini, a differenza di altri celebri massoni dell’epoca, come Garibaldi, non abbia mai fatto parte di questa associazione iniziatica anche se questa abbia ripreso molti degli ideali mazziniani simili a quella della massoneria originale. Mazzini ebbe molti contatti con massoni come Albert Pike e c’è chi sostiene che avesse avuto ricevuto un’iniziazione non ufficiale in gioventù durante la prigionia al Priamar . La principale obbedienza italiana, l’unica attiva all’epoca di Mazzini in Italia, il Grande Oriente d’Italia, afferma l’impossibilità di provare l’appartenenza di Mazzini, che pure ebbe influenza nella società, anche se non partecipò mai alla vita dell’associazione, occupato com’era nella causa della “sua” società segreta, la Giovine Italia. In effetti Mazzini fu carbonaro, ma la Carboneria fu presto staccata dalla massoneria. Indro Montanelli afferma invece che probabilmente Mazzini fu massone .

Mazzini stesso sembra però smentire la sua partecipazione all’associazione in una lettera del 12 giugno 1867 al massone Federico Campanella, guida del Supremo Consiglio del rito scozzese di Palermo, al quale, restituendogli anche le carte che questi gli aveva fatto recapitare per aderire alla fratellanza, scriveva:

« La Massoneria accettando da anni e anni ogni uomo, senza dichiarazioni d’opinioni politiche, s’è fatta assolutamente inutile a ogni scopo nazionale. Per farne qualche cosa bisognerebbe prima una misura d’eliminazione ed una di revisione delle file, poi una formula nazionale o politica per l’iniziazione… Chi vuol intendere intenda. »