Enrico VIII

1491 - 1547

Enrico VIII
Nazione: Inghilterra

ID: 2022

Enrico VIII Tudor (Greenwich, 28 giugno 1491 – Londra, 28 gennaio 1547) fu Re d’Inghilterra e Signore d’Irlanda (in seguito Re d’Irlanda) dal 21 aprile 1509 fino alla sua morte.

Enrico VIII fu il secondo monarca della Dinastia Tudor come successore di suo padre, re Enrico VII d’Inghilterra. Fu il fondatore della Chiesa Anglicana nata in séguito allo scisma religioso, quindi alla separazione dalla Chiesa cattolica di Roma. Nei primi tempi fu un fiero oppositore delle teorie di Lutero, e per questo motivo ottenne nel 1521 da Papa Leone X il titolo di Defensor Fidei, ossia “Difensore della fede”, titolo che ancora oggi compare sulle monete inglesi con l’acronimo latino DEF. FID. In séguito, tuttavia, arrivò a un insanabile contrasto con Papa Clemente VII. Sposato sei volte e detentore di un potere assoluto incontrastato, segnò fortemente le vicende inglesi. Decretò lo scioglimento dei monasteri e l’unione dell’Inghilterra con il Galles.

Biografia

Giovinezza

Enrico nacque a Greenwich il 28 giugno 1491. Fu il secondogenito di Enrico VII Tudor e di Elisabetta di York. Soltanto tre dei sei fratelli di Enrico sopravvissero: Arturo (principe di Galles), Margherita (regina consorte di Scozia) e Maria (in séguito regina consorte di Francia). Il padre, fondatore della dinastia, conquistò il potere e lo consolidò sposando Elisabetta, figlia del re Edoardo IV d’Inghilterra.

Nel 1493 il giovanissimo Enrico venne nominato Conestabile del castello di Dover e Lord Guardiano dei Cinque Porti, l’anno successivo divenne Duca di York. In seguito venne nominato Conte Maresciallo (Earl Marshal) d’Inghilterra e Lord luogotenente d’Irlanda. Nel 1501 presenziò alle nozze del fratello maggiore Arturo con Caterina d’Aragona, allora rispettivamente di quindici e sedici anni. Arturo tuttavia morì per una infezione poco dopo, ed Enrico, all’età di soli undici anni, divenne erede al trono.

Il padre Enrico VII, desideroso di concludere un’alleanza matrimoniale fra Inghilterra e Spagna con un nuovo matrimonio fra Enrico, ora principe di Galles, e Caterina d’Aragona, iniziò a muoversi a livello diplomatico per realizzare il suo progetto. Per renderlo possibile occorreva ottenere una dispensa di Papa Giulio II, perché, malgrado il matrimonio precedente non fosse stato consumato, inglesi e spagnoli convennero sulla necessità di una dispensa papale per la rimozione di tutti i dubbi per quanto riguardava la legittimità dell’unione. Spinto dalla madre di Caterina, la regina Isabella, il Papa concesse la sua dispensa con una Bolla papale. Nel 1505 tuttavia Enrico VII perse interesse per l’alleanza con la Spagna e il matrimonio non venne più celebrato nei tempi previsti.

scesa al trono e primi anni del regno con Caterina d’Aragona

Alla morte del padre, nell’anno 1509, a 18 anni Enrico salì al trono, col nome di Enrico VIII. Il nuovo sovrano consolidò il regno: ridusse il potere degli aristocratici di alto rango e si affidò al sostegno della piccola nobiltà di provincia, la gentry, proprietari di terre, che, pur non appartenendo alla nobiltà, erano titolari di prerogative e privilegi tipici degli aristocratici. Circa nove settimane dopo, sotto la spinta della Spagna, Enrico sposò Caterina, già sua promessa sposa per gli impegni presi precedentemente. Papa Giulio II e William Warham, Arcivescovo di Canterbury, avanzarono dubbi sulla validità di tale unione, malgrado la precedente Bolla papale e i ripetuti giuramenti di Caterina sulla mancata consumazione delle nozze col principe Arturo, tuttavia la cerimonia d’incoronazione dei due sovrani venne celebrata ugualmente, nell’Abbazia di Westminster, il 24 giugno dello stesso anno.

Uomo eccezionalmente attraente, alto circa un metro e novanta, biondo e atletico, definito “il più bel principe della cristianità”, Enrico era ben lontano dall’immagine successiva tramandata ai posteri di un re tirannico, obeso e spietato: gioviale e cavalleresco, possedeva inoltre una vasta cultura umanistica, una solida conoscenza delle lingue (latino, spagnolo, francese), un genuino interesse per la teologia – dovuto anche all’approfondita istruzione religiosa ricevuta nell’infanzia, allorché, in qualità di secondogenito, era stato destinato alla carriera ecclesiastica – e un notevole talento musicale.

Iniziarono quasi subito i problemi di discendenza che segneranno a lungo il regno di Enrico VIII; la prima gravidanza della regina Caterina si concluse con un figlio nato morto, nel 1510, e il secondo figlio, nato il 1º gennaio 1511, sopravvisse soltanto due mesi. Nei primi due anni del regno di Enrico il potere effettivo fu esercitato da Richard Foxe, Vescovo di Winchester e Lord del sigillo privato, e da William Warham. Dal 1511 in poi fu il cardinale Thomas Wolsey ad avere maggiore influenza sul sovrano, ed Enrico aderì alla Lega Santa, un’alleanza promossa da Papa Giulio II per arginare l’espansionismo del re francese Luigi XII. Nell’alleanza entrarono anche l’imperatore Massimiliano I e Ferdinando II il Cattolico, re della Spagna, con il quale Enrico aveva firmato il Trattato di Westminster.

Enrico, ormai ventenne, raggiunse l’esercito inglese attraversando la Manica e partecipando attivamente alle operazioni militari. Nel 1514 Ferdinando II abbandonò l’alleanza e si arrivò alla pace con i Francesi. L’ascesa del re Francesco I di Francia nel 1515, portò nuovamente l’Inghilterra e la Francia su posizioni antagoniste. Sul piano dinastico, nel 1516, la regina Caterina diede alla luce una bambina, Maria (Lady Mary), facendo sperare a Enrico di poter ancora avere un erede maschio, che fino ad allora, per fatalità, non aveva avuto.

Le vicende europee nel frattempo videro la morte di Ferdinando II nel 1516, cui successe suo nipote (e nipote della regina Caterina) Carlo V. Nel 1519 morì anche Massimiliano I. I Principi elettori scelsero Carlo V come successore alla guida del Sacro Romano Impero, malgrado i tentativi diplomatici dell’allora cardinale Wolsey che si oppose a tale nomina. La crescente rivalità fra Francesco I e Carlo V permise a Enrico, per un certo periodo, di diventare l’ago della bilancia tra le potenze in Europa. Francia e Spagna cercarono dapprima l’appoggio inglese, ma dopo il 1521 l’influenza dell’Inghilterra in Europa cominciò a diminuire. Enrico si alleò con Carlo V e nella guerra che seguì Francesco I venne rapidamente sconfitto. La situazione internazionale più stabile che ne seguì ridusse il peso della diplomazia inglese in Europa.

Ritornando ai problemi dinastici interni, Enrico non aveva ancora un erede maschio. Il popolo inglese riteneva disastroso il governo femminile ed Enrico pensò che soltanto un erede maschio avrebbe potuto mantenere il trono e la sua dinastia. Solo una femmina, la principessa Maria, era sopravvissuta sino ad allora all’infanzia. Enrico in precedenza aveva avuto varie amanti, tra cui Maria Bolena ed Elizabeth Blount. Il figlio di quest’ultima però, Henry Fitzroy, morì appena diciassettenne di consunzione, senza contare che la sua posizione illegittima avrebbe potuto comunque renderne quantomeno dubbie le pretese al trono; nonostante le voci che attribuivano al re la paternità dei due figli di Maria Bolena, Catherine Carey ed Henry Carey – quest’ultimo in effetti straordinariamente somigliante al re -, Enrico, probabilmente anche per questioni di opportunità politica, non fece alcun passo per riconoscerli come propri. Nel 1526, quando ormai la regina Caterina, di salute peraltro sempre più cagionevole, entrò in menopausa, il re cominciò a corteggiare la sorella di Maria Bolena, Anna Bolena, educata in Francia, già dama di compagnia della regina e in precedenza nota per una relazione – forse addirittura un matrimonio clandestino – con il nobile Henry Percy, VI conte di Northumberland.

Enrico voleva fortemente un erede maschio e iniziò a pensare alla possibilità di far dichiarare nullo il suo matrimonio con la regina Caterina in base alle precedenti nozze della stessa con il proprio defunto fratello e ciò malgrado la stessa Caterina avesse ripetutamente giurato che tale unione non era mai stata consumata. Il cardinale Wolsey e William Warham cominciarono riservatamente un’indagine sulla validità del matrimonio, che tuttavia apparve presto difficilmente impugnabile sul piano del diritto. Senza informare il cardinale Wolsey, Enrico si appellò direttamente alla Santa Sede. Il suo segretario William Knight sostenne, a Roma, che la Bolla di Giulio II era stata ottenuta con un inganno e conseguentemente era non valida. Inoltre Enrico chiese a Papa Clemente VII anche una dispensa che gli permettesse di sposare Anna Bolena, visto che precedentemente aveva avuto una relazione con la sorella di lei, Maria. Clemente VII, pur non favorevole ad annullare il matrimonio, concesse la dispensa voluta, probabilmente pensando che tale concessione non sarebbe servita a nulla finché Enrico fosse rimasto sposato a Caterina.

In questa fase la diplomazia segreta giocò un ruolo determinante per gli avvenimenti che seguirono. Intervennero nella contesa, solo apparentemente interna della corona inglese, gli interessi della Spagna, cattolica, e quindi del Sacro Romano Imperatore, figlio della sorella di Caterina. L’influenza dell’imperatore sul papato portò Clemente VII a non annullare la Bolla Papale di Giulio II nonostante egli fosse propenso ad annullarla. La reazione di Enrico, che non accettò il rifiuto del Papa alle sue richieste, comportò la nascita della Chiesa anglicana e l’annullamento di fatto del matrimonio tra Enrico e Caterina, cui seguirà a sua volta la scomunica di Papa Clemente. La regina Caterina portò la questione davanti alla legge, ma venne sconfitta – celebre la sua supplica rivolta al marito in tale occasione e ripresa nell’Enrico VIII di William Shakespeare – anche se gli argomenti portati a sostegno della presunta consumazione del matrimonio con il principe Arturo apparvero già all’epoca non molto convincenti.. In seguito alla decisione sulla nullità del matrimonio, Caterina fu costretta a lasciare la Corte reale e perse il titolo di regina, venendo chiamata «la principessa vedova del Galles», titolo che le era già stato conferito oltre vent’anni prima. Il re stava ormai per divenire il capo della Chiesa Anglicana e l’influenza di Roma sulle vicende dinastiche della corona inglese stava per essere annullata.

Il matrimonio con Anna Bolena e lo Scisma dalla Chiesa di Roma

Anna Bolena, copia di dipinto c. 1534.
Anna Bolena, copia di dipinto c. 1534.

Le vicende personali di Enrico VIII e il problema dinastico si mescolarono agli avvenimenti storici e agli accordi segreti tra le diplomazie inglesi, pontificie e spagnole. Il cardinale Wolsey intervenne presso la Santa Sede per contrastare le richieste di Carlo V. Clemente VII accettò di esaminare insieme il caso. Venne presa una decisione segreta: la Bolla Papale che autorizzava il matrimonio di Enrico con Caterina avrebbe potuto essere dichiarata nulla. Il procedimento, tuttavia, si bloccò ancora una volta per l’intervento spagnolo. La stessa regina Caterina fece appello al nipote, Carlo V, per ottenere sostegno. Il cardinale Wolsey, non ottenendo quanto richiesto, cadde in disgrazia presso il re e rischiò il processo, ma morì prima che questo venisse celebrato, nel 1530.

Il potere passò all’intellettuale e umanista Tommaso Moro, mentre Thomas Cranmer divenne Arcivescovo di Canterbury. Il 25 gennaio 1533 si celebrarono le nozze di Enrico e Anna Bolena. Tommaso Moro non approvò l’annullamento del matrimonio tra Enrico e Caterina e non partecipò alla cerimonia di incoronazione di Anna, tuttavia scrisse a Enrico che riconosceva Anna come sua regina. In seguito la principessa Maria venne dichiarata illegittima e nuovo erede al trono designato diventò la figlia della regina Anna, la Principessa Elisabetta. Caterina perse il titolo di “regina” e morì, con ogni probabilità di cancro, nel gennaio 1536. Papa Clemente rispose con la scomunica di Enrico, emessa nel mese di luglio del 1533. Tommaso Moro, nel frattempo, si dimise dall’incarico di governo, sostituito da Thomas Cromwell, che divenne il nuovo Lord Cancelliere.

Il Parlamento approvò gli atti che sancirono la frattura con Roma nella primavera del 1534. In particolare l’Act of Supremacy (Legge di Supremazia) stabilì che il re è «…l’unico Capo Supremo della Chiesa d’Inghilterra» e il Treasons Act (Legge sui Tradimenti) del 1534 rese alto tradimento, punibile con la morte, il rifiuto di riconoscere il Re come tale. Al Papa vennero negate le fonti di finanziamento come l’obolo di San Pietro. L’Act of Succession (Legge di Successione), sempre del 1534, spostò la linea dinastica dalla ex sovrana alla discendenza di Anna Bolena. Tutti gli adulti del regno vennero tenuti ad accettare le disposizioni di queste leggi e chiunque avesse rifiutato sarebbe stato giudicato colpevole di alto tradimento e passibile di pena di morte.

Come conseguenza di queste leggi tutta la struttura della chiesa cattolica inglese venne attaccata. Cromwell, spinto e sostenuto dal sovrano, fece approvare dal parlamento, nel 1536, una legge che espropriò i possedimenti dei monasteri minori: questa azione portò nelle casse dello stato, nel giro di alcuni anni, ingenti quantità di denaro, ma ancora – formalmente – Enrico era un re cattolico. Solo in seguito, sotto l’influenza di Thomas Cranmer, arcivescovo di Canterbury e di Edward Seymour, primo duca di Somerset e conte di Hertford, l’anglicanesimo di Enrico VIII prese un indirizzo protestante.

La fine di Anna Bolena e le altre mogli

Dal 1536 Anna cominciò a perdere il favore di Enrico, in parte per il proprio carattere altezzoso e indisponente, in parte per lo sfavore sempre manifestatole persino dai cortigiani più stretti e, soprattutto, perché neppure lei era riuscita a dare alla luce un erede maschio. Dopo la nascita della principessa Elisabetta (Lady Elizabeth) nel 1533, Anna ebbe altre gravidanze che si conclusero però con aborti spontanei o con bambini nati a termine o quasi, ma morti. Enrico VIII, nel frattempo, s’interessò a un’altra nobile della corte, Jane Seymour. Anna venne accusata di aver usato la stregoneria per spingere Enrico a sposarla, di avere amanti (tra i quali un musicista di corte d’origine fiamminga, Mark Smeaton, i cortigiani Henry Norris, Francis Weston e William Brereton, oltre al proprio stesso fratello), di essere colpevole d’incesto, d’ingiuria verso il re e di cospirazione per ucciderlo. Durante il processo, fu insinuato che Anna avesse confidato ai propri amanti – nonché a varie dame di compagnia ed altri cortigiani – che il re era in realtà impotente, lasciando intendere che la piccola Elisabetta non fosse figlia di Enrico. La corte, presieduta da Thomas Howard e della quale faceva parte l’ex pretendente di Anna, Henry Percy, giudicò la regina colpevole e la condannò a morte, con gli altri quattro uomini, che si presumeva fossero suoi amanti, e col fratello.

Undici giorni dopo l’esecuzione di Anna, Enrico sposò Jane Seymour, sua terza moglie. La legge inglese di successione del 1536 dichiarò che i figli di Enrico e della Regina Jane sarebbero stati primi nella linea di successione e che Lady Mary e Lady Elizabeth erano illegittime. Il re si arrogò anche il potere di determinare la linea della successione con le sue volontà testamentarie. Jane diede alla luce un figlio, Principe Edoardo, nel 1537, ma, spossata da un travaglio durato un giorno intero, morì di febbre puerperale pochi giorni dopo. Enrico VIII rimase – a detta di tutte le fonti – profondamente turbato dalla perdita della donna, che gli aveva finalmente generato un figlio maschio. È probabile che la depressione conseguente al lutto abbia aggravato i suoi problemi di salute. Nel 1537, Enrico aveva già superato i quarantacinque anni – età, per l’epoca, ritenuta già avanzata – e, complici gli eccessi alimentari (peraltro del tutto consueti per l’aristocrazia inglese), si avviava a diventare obeso, mentre dolorose ferite sulle gambe (con ogni probabilità dovute alla gotta e al diabete) gli impedivano di camminare e lo tormentavano con emorragie e infezioni.  Nel 1536 Enrico fece approvare l’Act of Union (Legge dell’Unione), che formalmente annetté il Galles alla corona d’Inghilterra. L’Inghilterra e il Galles divennero quindi un’unica nazione. La Legge, da quel momento, impose l’uso del solo inglese negli atti ufficiali nel Galles, ignorando le proteste di chi usava la lingua gallese. Sempre nel 1536 una sommossa, il Pilgrimage of Grace, scoppiò nell’Inghilterra del Nord. Per calmare i cattolici ribelli, Enrico dapprima fece alcune concessioni ma poi, quando scoppiò una seconda sommossa, i capi della rivolta vennero condannati a morte per tradimento e giustiziati. Nel 1538 Enrico sanzionò la distruzione dei santuari dedicati ai santi cattolici romani. Nel 1539 i monasteri che ancora rimanevano in Inghilterra vennero tutti aboliti e le loro proprietà trasferite alla Corona. Come ricompensa Thomas Cromwell, artefice di queste azioni, venne nominato conte di Essex. I religiosi minori persero i loro seggi alla Camera dei Lord, dove restarono solo arcivescovi e vescovi. I Lord spirituali (membri del clero con seggio nella Camera dei Lord) per la prima volta vennero superati in numero dai Lord temporali.

La questione dinastica tuttavia non era ancora risolta. L’unico erede maschio, il principe Edoardo, non godeva di buona salute ed Enrico, su consiglio di Thomas Cromwell, pensò allora ad Anna di Clèves, sorella del protestante duca di Clèves. Il duca era visto anche come importante alleato in caso di un attacco cattolico all’Inghilterra. Dopo aver visto il lusinghiero ritratto della giovane, dipinto da Hans Holbein il Giovane, Enrico decise di sposarla e il matrimonio si celebrò il 6 gennaio 1540. L’unione tuttavia durò solo fino a luglio, appena sei mesi, in parte perché la giovane Anna, cresciuta secondo le usanze tedesche e priva della raffinata cultura che aveva contraddistinto le tre precedenti consorti reali, risultò essere assai meno attraente rispetto al dipinto, in parte per considerazioni politiche. Il duca di Clèves era impegnato in una disputa con l’imperatore ed Enrico non voleva esservi coinvolto. La regina Anna acconsentì alla richiesta di Enrico per un annullamento e testimoniò che il loro matrimonio non era mai stato consumato. Ricevette così, in ricompensa, il bizzarro titolo nobiliare di «Amatissima Sorella del Re», una cospicua rendita annua e svariate tenute, compreso il Castello di Hever, già appartenuto alla famiglia di Anna Bolena, vivendo, pare, alquanto felicemente, fino al 1557, ultima a morire tra le sei mogli del sovrano.  Anche Thomas Cromwell quindi perdette il favore del re per il suo ruolo nella vicenda. Il 28 luglio del 1540 (lo stesso giorno della esecuzione di Thomas Cromwell) Enrico sposò la giovane Caterina Howard, già dama di compagnia di Anna di Clèves, prima cugina di Anna Bolena nonché discendente della nobile casata Howard, ma anche questo matrimonio durò poco. La regina venne sospettata di avere più di una relazione, in particolare con altri due uomini, uno dei quali sosteneva di esserne il legittimo marito, mentre l’altro, certo Thomas Culpepper, era uno dei cortigiani favoriti del re. Thomas Cranmer, già in passato oppositore della potente famiglia cattolica degli Howard, portò le prove del tradimento all’attenzione del re. Le indagini che seguirono provarono i fatti e tra il dicembre 1541 e il febbraio 1542 avvenne l’esecuzione dei due amanti e della stessa Caterina, che all’epoca non aveva nemmeno vent’anni e si presentò al patibolo talmente prostrata da dover essere sorretta fino all’ultimo.

Enrico sposò quindi la sua sesta e ultima moglie, la ricca vedova Caterina Parr, la terza con questo nome, nel 1543. La Parr, donna di eccezionale cultura e carattere volitivo, si scontrò subito con Enrico per motivi religiosi; infatti era protestante mentre Enrico era ancora – nell’intimo – un cattolico. La situazione quasi portò a una nuova separazione, ma prima si arrivò a un atto di sottomissione. Caterina inoltre contribuì a riconciliare Enrico con le sue prime due figlie, Mary ed Elizabeth. Nel 1544 una legge del Parlamento le reinserì nella linea di successione dopo il principe Edward, duca di Cornovaglia (Cornwall), benché fossero ancora ritenute illegittime. La stessa legge confermò a Enrico il diritto di determinare con le sue volontà l’ulteriore successione al trono.

La morte di Enrico VIII

Nel 1544, nonostante l’obesità – negli ultimi anni, il sovrano pesava all’incirca 180 kg per mt 1,85 di statura – e l’aggravarsi della gotta e del diabete, Enrico prese parte all’assedio di Boulogne, espugnando la città dopo oltre due mesi di assedio. Gli ultimi anni furono segnati da un inarrestabile declino fisico e mentale, culminato nelle accuse di eresia e tradimento lanciate contro la moglie Caterina Parr, che evitò l’arresto nell’estate 1546 solo dopo aver formalmente ribadito la propria sottomissione al consorte, e nell’arresto del giovane poeta il Conte di Surrey e dell’ormai anziano genitore di questi, Thomas Howard, III duca di Norfolk con l’accusa di tradimento: Surrey fu decapitato il 19 gennaio 1547, il padre ebbe salva la vita unicamente perché l’esecuzione fu rimandata a seguito della morte del re. Dopo alcuni giorni di agonia, Enrico si spense il 28 gennaio 1547 nel palazzo di Whitehall. Il corpo del sovrano venne sepolto nella Saint George’s Chapel nel Castello di Windsor, vicino alla terza moglie Jane Seymour.

Successione e discendenza

In conseguenza dell’Atto della successione del 1544, l’unico figlio maschio di Enrico, Edoardo, ereditò la corona, diventando Edoardo VI. Edoardo fu il primo monarca protestante a regnare in Inghilterra. Poiché Edoardo aveva soltanto nove anni, non poté esercitare un potere reale. I sedici esecutori che formavano il consiglio di reggenza scelsero Edward Seymour, primo duca di Somerset, come Lord protettore del regno, affiancato da Lord Hertford. Lord Hertford tuttavia venne sostituito presto da John Dudley, primo duca di Northumberland, e condannato a morte per tradimento. Il duca di Northumberland, tuttavia, non prese il titolo di Lord protettore, ma invitò Edoardo a dichiarare la sua maggiore età prima dei diciotto anni, trasgredendo quindi le volontà di Enrico VIII.

In base alla legge di successione del 1544 e secondo le volontà di Enrico VIII, a Edoardo (in mancanza di una sua discendenza) sarebbe succeduta la sorellastra, Maria. Se Maria non avesse avuto figli, la corona sarebbe passata a Elisabetta, figlia di Anna Bolena. Se anche Elisabetta non avesse avuto figli, la successione sarebbe tornata ai discendenti della sorella defunta di Enrico VIII, Maria Tudor. Edoardo VI e i suoi consiglieri, tuttavia, avevano disegni diversi. Sul suo letto di morte, Edoardo espresse volontà in contraddizione alle disposizioni di Enrico.

Maria ed Elisabetta vennero escluse dalla linea della successione come illegittime; anche Frances Brandon, duchessa del Suffolk (figlia di Maria Tudor, duchessa del Suffolk), venne estromessa e al loro posto venne designata Lady Jane Grey, la figlia della duchessa del Suffolk e nuora del potente Duca di Northumberland. Alla morte di Edoardo, nel 1553, Lady Jane venne proclamata regina. Secondo la legge, tuttavia, questo non era possibile; la legge del Parlamento del 1544 voluta in seguito alla riconciliazione con le figlie, aveva specificamente consentito a Enrico di assegnare la corona con le sue volontà, ma nessuna legislazione simile era stata approvata per Edoardo. Con questa motivazione, Maria depose e fece condannare a morte Jane, prendendo la corona per sé stessa.

Quando Maria I nel 1558 morì senza discendenza, le successe la sorellastra Elisabetta. Elisabetta I non si sposò né nominò mai un erede, causando una crisi di successione. Per impedire agli Stuart di diventare una famiglia dinastica in Europa e, quindi, scongiurare l’eventualità che i cattolici scozzesi sedessero sul trono d’Inghilterra, Elisabetta ordinò l’esecuzione di Maria Stuart. Secondo le volontà di Enrico VIII, a Elisabetta sarebbe dovuto succedere l’erede di Maria Tudor, Lady Anne Stanley. In realtà il regno passò a Giacomo VI, re di Scozia, figlio di Maria Stuart. Giacomo fu sin dall’inizio sufficientemente potente, quindi la sua successione non incontrò opposizioni. Giacomo VI di Scozia diventò così Giacomo I, primo re d’Inghilterra del Casato degli Stuart.