De Maistre Joseph

1753 - 1821

De Maistre Joseph
Nazione: Francia

ID: 3481

Autografi

Il conte Joseph-Marie de Maistre, (Chambéry, 1º aprile 1753 – Torino, 26 febbraio 1821), è stato un filosofo, politico, diplomatico, scrittore, magistrato e giurista italiano di lingua francese .Ambasciatore del re Vittorio Emanuele I presso la corte dello zar Alessandro I dal 1803 al 1817, poi da tale data fino alla morte ministro reggente la Gran Cancelleria del Regno di Sardegna, de Maistre fu tra i portavoce più eminenti del movimento controrivoluzionario che fece seguito alla Rivoluzione francese e ai rivolgimenti politici in atto dopo il 1789; propugnatore dell’immediato ripristino della monarchia ereditaria in Francia, in quanto istituzione ispirata per via divina, e assertore della suprema autorità papale sia nelle questioni religiose che in quelle politiche, de Maistre fu anche tra i teorici più intransigenti della Restaurazione, sebbene non mancò di criticare il Congresso di Vienna, a suo dire autore da un lato di un impossibile tentativo di ripristino integrale dell’Ancien Régime (peraltro ritenuto di sola facciata) e dall’altro di compromessi politici con le forze rivoluzionarie.

Biografia

Joseph-Marie de Maistre nacque a Chambéry, in Savoia, allora parte del Regno di Sardegna, il 1º aprile 1753, da François-Xavier, magistrato e membro del Senato savoiardo, e dalla nobildonna Christine Demotz, primogenito di dieci figli. Soltanto nel 1778, grazie ai servigi resi alla Corona, il padre ricevette il titolo nobiliare di conte. Il giovane Joseph ebbe la sua prima educazione presso i gesuiti della sua città natale, verso i quali per tutta la vita nutrirà una profondissima devozione. Si laureò in giurisprudenza all’Università di Torino.

Memoriale di Joseph de Maistre e del fratello Xavier, Chambéry.

Nonostante l’intrapresa carriera da giurista e la ricca biblioteca di volumi di diritto ereditata dal nonno materno, le carte del diario di de Maistre e le corrispondenze iniziali suggeriscono che egli fosse assai più interessato alla teologia e a discipline quali filosofia, politica e storia piuttosto che a quelle giuridiche. Inoltre, assieme al francese, sua lingua madre (come della quasi totalità della nobiltà piemontese), e al greco e al latino appresi, come detto, durante la sua eccellente educazione presso i gesuiti, de Maistre sapeva perfettamente l’italiano e molto bene l’inglese, lo spagnolo, il portoghese, oltre ad un po’ di tedesco. Il diario e le opere testimoniano la sua profonda conoscenza delle Sacre Scritture, degli scritti dei Padri della Chiesa, degli autori classici greci e latini, di quelli del Rinascimento e delle maggiori figure dell’Illuminismo europeo.

Entrò a far parte, nel 1774, della loggia massonica di rito inglese dei “Trois Mortiers“, ma nel 1778 si spostò in quella martinista di rito scozzese rettificato della Parfaite Sincérité, legata al pensiero del tradizionalista francese Louis Claude de Saint-MartinEgli intravide nel ramo di questa corrente massonica un’élite con grandi potenzialità per la restaurazione cristiana del mondo, di quella “res publica cristiana d’Europa” di cui parlerà più tardi anche Edmund Burke nelleRiflessioni sulla Rivoluzione in Francia, che influenzeranno notevolmente il pensiero di de Maistre. Nel 1786 sposò la nobildonna Françoise-Marguerite de Morand, che gli darà tre figli.

Nel 1788 de Maistre entrò a far parte del Senato di Savoia. Allo scoppio della Rivoluzione francese, nel 1789, vide con un certo favore le prime fasi, percependo in esse uno spiraglio a favore di riforme contro la deriva assolutistica dell’Ancien Régime. Tuttavia, dopo la proclamazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e la lettura delle già citate Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia di Burke, edite nel 1790, il suo atteggiamento mutò in un completo rifiuto dei principi rivoluzionari. L’anno 1790 segnò la fine dell’esperienza massonica maistreiana. Nel 1792, in seguito all’aggressione e all’invasione francese della Savoia, fu costretto a fuggire in esilio, prima ad Aosta e poi in Svizzera, a Losanna. Qui ebbe modo di conoscere Edward Gibbon, i Necker, Benjamin Constant e diversi emigrati francesi.

L’anno seguente videro la luce le note Lettere di un realista savoiardo ai suoi compatrioti (Lettres d’un royaliste savoisien à ses compatriotes). Nel 1794 de Maistre iniziò la stesura dello scritto Studio sulla sovranità, incompiuto e che uscirà soltanto postumo nel 1870. Ma saranno le Considerazioni sulla Francia (Considérations sur la France), uno dei suoi maggiori scritti, ad assicurargli la celebrità in tutti gli ambienti controrivoluzionari europei. Fuggito dalla Svizzera, anch’essa invasa dalle truppe francesi, e trasferitosi a Venezia in seria indigenza economica, riuscì finalmente a rientrare in patria nel 1797, imbarcandosi per la Sardegna, dove nel 1799 gli sarà affidato dal re l’incarico di Reggente della Gran Cancelleria del Regno a Cagliari.

Nel 1802, re Vittorio Emanuele I inviò de Maistre come ministro plenipotenziario a San Pietroburgo, presso la corte dello Zar Alessandro I. Giunto in Russia, de Maistre diventò ben presto una delle più influenti e ammirate figure intellettuali, assiduo frequentatore dei salotti della nobiltà e dell’alta società pietroburghese. Rimasto, però, isolato politicamente, senza istruzioni precise e con un appannaggio irrisorio, incompreso dai suoi superiori e dallo stesso Zar (che solo in un secondo momento seppe avvalersi dei consigli del Conte), de Maistre seppe tuttavia tutelare con grande abilità il prestigio della dinastia sabauda presso i ministri e la corte russa Nel quadro angosciante dell’invasione napoleonica, de Maistre svolse in seno alla corte una rilevante attività politica, che portò lo stesso zar Alessandro I a cancellare alcune riforme d’ispirazione illuministica, e a favorire l’azione apostolica della Compagnia di Gesù, andatasi man mano ricostituendo dopo il suo scioglimento nel 1773. De Maistre riuscì perfino a convertire al Cattolicesimo alcuni esponenti della nobiltà russa.

Fëdor Alekseev: Veduta di San Pietroburgo, 1817.

Questo suo aperto sostegno all’azione pastorale operata dai gesuiti fece cadere de Maistre in disgrazia presso la corte dello Zar, il quale richiese alle autorità sabaude il suo rientro in patria, avvenuto poi nel 1817. Questo episodio segnò la fine della carriera diplomatica del Conte, ma non di quella politica. Il periodo pietroburghese fu uno dei più floridi dell’attività letteraria di de Maistre. Nel 1814 fu dato alle stampe il Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche (Essai sur le principe générateur des constitutions politique), della cui pubblicazione si interessò anche l’amico Louis de Bonald, altro esponente di spicco della corrente controrivoluzionaria col quale de Maistre intratteneva un rapporto epistolare. Di quegli anni furono anche l’Esame della filosofia di Bacone (Examen de la philosophie de Bacon) e le Lettere ad un gentiluomo russo sull’Inquisizione spagnola (Lettres à un gentilhomme russe sur l’Inquisition espagnole), scritte in occasione della soppressione dell’istituzione ecclesiastica, nelle quali egli criticò dal suo punto di vista le accuse comunemente lanciate dalla critica illuministica contro l’Inquisizione, attaccando anche la filosofia di Hume e gli enciclopedisti. Intanto de Maistre iniziava l’opera che lo avrebbe reso celebre, ossia Le serate di Pietroburgo (Les soirées de Saint-Pétersbourg), capolavoro di teologia e filosofia della storia, che uscirà postumo nel 1821, appena dopo la sua morte.

Rientrato nel frattempo a Torino, nel 1818, due anni dopo la fine del Congresso di Vienna, fu nominato nuovamente Ministro Reggente della Gran Cancelleria del Regno. Nel 1819, in piena Restaurazione, de Maistre pubblicò l’altro suo capolavoro, Del Papa (Du Pape).

Profondamente religioso, celebre e ammirato ormai in tutta Europa, sebbene segnato dall’indigenza in cui fu costretto a vivere negli ultimi anni, Joseph de Maistre si spense il 26 febbraio 1821, circondato dai parenti e da tutti quegli amici e conoscenti che condivisero assieme a lui il suo ideale politico e spirituale. Qualche giorno prima della morte, in una lettera a Massimo d’Azeglio, aveva compianto la sorte dell’Italia divisa e lamentato lo scarso patriottismo degli italiani. È sepolto nella chiesa dei Santi Martiri di Torino.