Danton Georges Jacques

1759 - 1794

Danton Georges Jacques

ID: 4144

Georges Jacques Danton (Arcis-sur-Aube, 26 ottobre 1759 – Parigi, 5 aprile 1794) è stato un politico e rivoluzionario francese.

Ministro della Giustizia dopo gli avvenimenti del 10 agosto 1792, deputato della Convenzione nazionale, primo presidente del Comitato di salute pubblica, è tra i maggiori protagonisti della Rivoluzione francese. Anche se la parte da lui avuta nel primo periodo della Rivoluzione è relativamente modesta, fu tra i promotori del rovesciamento della monarchia e dell’instaurazione della Repubblica.

Fu ghigliottinato sotto il Regime del Terrore su pressione del Comitato di salute pubblica. Tra le molteplici imputazioni che gli furono mosse, il Comitato e il Tribunale rivoluzionario dettero particolare rilievo ad un presunto e mai accertato appoggio del piano di Dumouriez, che intendeva marciare su Parigi e restaurare la monarchia, e alle richieste di armistizio con gli Stati stranieri aggressori della Francia e di pacificazione con gli insorti vandeani, comportamenti giudicati controrivoluzionari.

Biografia

La formazione

Il fiume Aube ad Arcis-sur-Aube

Il padre di Georges Jacques fu Jacques Danton (1722-1762), figlio di un agiato contadino di Plancy, da dove si era trasferito alla fine del 1749 (o all’inizio dell’anno successivo) ad Arcis-sur-Aube, dopo che il suocero gli ebbe ceduto il suo posto di usciere. A Plancy, Jacques abbandonò presto lo studio ricevuto per rilevarne uno di procuratore ad Arcis. Sposatosi nel 1746, perdette prematuramente tutti i cinque figli avuti da Marie-Jeanne-Bestelot: rimasto vedovo nel 1753, l’anno dopo sposò Jeanne-Madeleine Camut (1729-1813), figlia di un carpentiere. Georges Jacques fu il loro quinto figlio – in sette anni la coppia ebbe sette figli – finché il 24 febbraio 1762 il padre morì e Madeleine Camut si prese cura dei sette orfani e si risposò nel 1770 con un filatore di cotone e mercante di granaglie, Jean Recordain, dal quale avrà altri quattro figli.

Georges Jacques era un bambino vivace e robusto, che amava poco la scuola e preferiva le lunghe scorribande nella vicina campagna e i tuffi e le nuotate nell’Aube: a un anno, era stato ferito da un toro a un labbro, incidente che gli lasciò una vistosa cicatrice, pochi anni dopo un altro colpo di zoccolo gli ruppe il naso, mentre il vaiolo gli lasciò ampie tracce sul voltoadulto, la bruttezza del volto dall’espressione mutevole, la statura imponente, gli ampi gesti delle braccia e la voce tonante aggiungeranno un vivo fascino alla minacciosa e incisiva eloquenza dei suoi discorsi dalla tribuna della Convenzione.

Per volere dello zio curato, nel 1772 lasciò la scuola di Arcis-sur-Aube per il seminario di Troyes dove studiò fino alla classe di retorica e, dal 1775, seguì i corsi del locale collegio degli Oratoriani, dove si legò d’amicizia con Jules François Paré ed Edme-Bonaventure Courtois che gli rimasero fedeli per tutta la vita.

Non fu un allievo brillante, ma il suo profitto fu comunque buono: studiò i classici greci e romani e, per proprio conto, autori proibiti come Rabelais e Montaigne e anche un poco di inglese e di italiano. Allo scritto faceva molta fatica a causa di un problema di dislessia, ma in compenso era dotato di un’ottima oratoria, come dimostrava declamando davanti ai compagni e ai professori i testi di Cicerone. Imparò bene il latino e si interessò alla storia, apprezzando in particolare la Roma repubblicana. Ottenne il premio di latino al termine del secondo anno passato presso gli Oratoriani.

Anche la monarchia lo affascinava: quando ci fu la solenne incoronazione di Luigi XVI a re di Francia, nel 1774, Danton si recò di nascosto a Reims, dove vide il sovrano benedire gli ammalati all’uscita della cattedrale.

Conclusi gli studi con la valutazione di insignis e deciso a percorrere la carriera forense, nella primavera del 1780 partì per Parigi per fare pratica legale nello studio dell’avvocato Jean-Baptiste François Vinot. Questi gli fornì vitto e alloggio sull’ Île Saint-Louis. Danton poté così venire in contatto con il mondo della giustizia parigina, assistendo ai processi civili di cui si occupava lo studio di Vinot. Si trattava per lo più di casi di malversazione e contenziosi che riguardavano esponenti della nobiltà. Il giovane ebbe quindi la possibilità di imparare il mestiere, ascoltando le arringhe degli avvocati più famosi del tempo.

Anche a Parigi amava tuffarsi nel fiume per nuotare. Gli amici, incuriositi, lo guardavano attraversare la Senna. Si dice che un giorno, alzando gli occhi verso la Bastiglia, affermasse: «Quando la vedremo abbattuta? Quel giorno, le darò una fiera picconata». Intanto, su richiesta della madre, aveva fatto la conoscenza di una giovane donna di Troyes, lontana parente della famiglia, che abitava nei pressi delle Halles. Con Françoise-Julie Duhauttoir intrecciò un’intima amicizia, ma presto ogni ipotesi matrimoniale naufragò perché la Duhauttoir decise di concedere la mano all’avvocato Huet de Paisy.

Nel 1784 otteneva dalla Facoltà di diritto di Reims – si trattava allora di una mera formalità – la licenza a esercitare la professione. Aperto uno studio in rue des Mauvaises-Paroles, la mancanza di clienti lo spingeva a chiedere denaro alla famiglia e a passare il lungo tempo libero alla lettura dell’ Encyclopédie e alla frequentazione dei cafés, dove si giocava e si commentavano le notizie del giorno. In uno di questi locali, il Café Parnasse in place de l’École, a Saint-Germain, conobbe la figlia del proprietario Antoinette-Gabrielle Charpentier.

Monet: la chiesa di Saint-Germain

Il padre, Jérôme-François Charpentier, era un borghese benestante che esercitava anche la lucrosa carica di controllore delle imposte, intratteneva importanti relazioni e riceveva scrittori come Fontanes e la moglie Adélaïde Dufresnoy, conosciuta anche da Danton. Uno dei figli Charpentier, Jérôme, sposerà nel 1793 Marie-Constance Blondelu, una brillante pittrice allieva di Jacques-Louis David, che ritrarrà diversi membri delle famiglie Danton e Charpentier.

Ottenuta la mano di Antoinette e raggiunto un accordo sulla dote, l’importante somma di 20.000 lire, anche con il sostegno delle sue zie materne, il 29 marzo 1787 Danton comprò – come nell’Ancien Régime era legale possibilità – la carica di avvocato ai Consigli del re dall’avvocato Huet de Paisy per la somma di 78.000 lire, così che il 12 giugno un decreto di Luigi XVI poteva attestare l’elargizione «al caro e amato signor Georges Jacques Danton» della carica, e il 14 giugno Georges Jacques e Antoinette Charpentier si sposavano nella chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois, alla presenza della madre e di uno stuolo di parenti giunti da Arcis.

I suoi nuovi colleghi, al Consiglio, erano in maggioranza ancora legati alla tradizione, e rifiutavano le idee liberali che si andavano diffondendo e che lo stesso Danton sentiva come proprie. I membri del Consiglio decisero di metterlo subito alla prova, chiedendogli di presentare un discorso in latino sulla situazione morale e politica in Francia nei suoi rapporti con la giustizia. Conscio della trappola, Danton si mantenne cauto, impressionando per le proprie capacità in latino, ma segnalò la necessità di tassare la nobiltà e il clero per far fronte alla grave situazione interna e al malcontento popolare.

Danton aprì un nuovo studio al numero 1 della Cour du Commerce, sulla rive gauche, dove oggi una statua ricorda il rivoluzionario. Credette di dover adeguare il proprio nome all’importanza della carica «nobilitandolo» in d’Anton: del resto, doveva mettersi almeno alla pari dei suoi clienti, tra i quali si trovavano diversi nobili o richiedenti patenti di nobiltà. Si sa che dal 1787 al 1790 si occupò di almeno ventidue processi, in gran parte con successo. La vita della famiglia Danton sembrava così avviata a un sereno sviluppo segnato da un tranquillo benessere: nel 1788 era nato il primo figlio, François (1788-1789) e ne seguiranno altri due, Antoine (1790–1858) e François Georges (1792–1848). Ma in Francia covavano grandi rivolgimenti che segneranno tragicamente tante esistenze e cancelleranno per sempre il decrepito mondo dell’Ancient Régime.

La Rivoluzione: i primi mesi

Si dice che la sera del 13 luglio 1789 l’avvocato Christophe Lavaux, entrato nel refettorio dei Cordiglieri, vide il suo collega Danton, da lui fino ad allora ritenuto un rispettabile «uomo d’ordine» che, in piedi su di un tavolo, arringava i suoi ascoltatori esortandoli alle armi per respingere le mire del dispotismo tendenti a schiacciare le legittime rivendicazioni del popolo francese. Sarebbe questa la prima testimonianza di un Danton ormai votato ai destini della Rivoluzione.

Il 14 luglio Danton non prese direttamente parte agli eventi accaduti alla prigione della Bastiglia, che capitolò nel pomeriggio. Volendo dimostrare il proprio sostegno all’assedio popolare, il giorno seguente si recò alla Bastiglia in serata per accertarsi che tutti i prigionieri fossero stati liberati e tentare di assumerne il controllo, ufficialmente delegato alla Guardia Nazionale di La Fayette. Con indosso l’uniforme militare acquistata la settimana prima – l’uniforme dei neonati Cordiglieri -, Danton lasciò in serata il Café Procope accompagnato da una dozzina di Cordiglieri. Lungo la strada una massa considerevole di persone si unì a loro. Giunto sul posto, fu fermato dal neo-governatore della fortezza. Danton gli intimò di mostragli dove fossero gli ordini scritti, poi lo arrestò e lo condusse con la forza verso la Comune appena formatasi, dove il presidente moderato Jean Sylvain Bailly disapprovò il gesto di violenza e rimandò l’ufficiale alla Bastiglia, chiedendo scusa per il trattamento che aveva dovuto subire.

Era il primo scontro tra il distretto dei Cordiglieri e la Comune provvisoria, in un rapporto che si fece presto molto difficile: Bailly aveva invitato ciascun distretto ad approvare senza indugio il suo piano di riorganizzazione della Comune. I Cordiglieri respinsero il piano di Bailly, chiedendo che fosse l’intera Assemblea dei distretti a esaminarlo ed eventualmente approvarlo, denunciando il comportamento del sindaco che si arrogava poteri che non gli spettavano. L’Hôtel de Ville reagì organizzando una campagna di denigrazione contro i Cordiglieri più in vista e in particolare contro Danton, che era stato eletto all’unanimità presidente del distretto: fu indicato ora al soldo del duca d’Orléans, ora di Pitt, ora della Corte stessa, ora una marionetta nelle mani di Mirabeau, o ancora di aver comprato la nomina di presidente.

Il convento dei Cordiglieri

La replica di Danton consistette nel tentare di farsi eleggere rappresentante del distretto al Comune e nel difendere Marat che, con i suoi attacchi giornalistici contro il sindaco, aveva provocato la reazione di Bailly: l’8 ottobre, il suo tentativo di far arrestare l’«Amico del popolo» andò a vuoto per la fuga di Marat, protetto da Danton. La vicenda, da affare Marat, si trasformò ben presto in un affare Danton, dalla quale il tribunale dello Châtelet, che aveva emesso il decreto di arresto, ne uscì squalificato in quanto accusato di attentato alle libertà civili: il suo decreto fu annullato e il prestigio e la fama di Danton s’imposero negli ambienti rivoluzionari della capitale.

Nel frattempo, le giornate di ottobre avevano visto una serie di manifestazioni reazionarie che chiamavano Danton e gli altri capi della Rivoluzione a reagire. Inoltre, si andava diffondendo la paura, alimentata da Marat, di una fuga del re. Questi, in ogni caso, aveva richiamato il suo reggimento dalle Fiandre, per rinforzare la propria guardia personale. Si creò quindi la necessità di portare il sovrano a Parigi, in modo da poter controllare meglio le sue eventuali mosse.

Danton guidò il distretto nella preparazione di una grande marcia su Versailles. I muri delle case vennero tappezzati di manifesti che incitavano a raggiungere la reggia. Il 5 ottobre, prima che sorgesse il sole, migliaia di donne partirono in testa al gruppo, seguite da una fiumana popolare che Danton aveva chiamato a raccolta facendo suonare la campana a martello dei Cordiglieri. Il secondo gruppo continuò solo fino a metà strada, lasciando avanzare le donne da sole. La spedizione si concluse con il ritorno forzato di Luigi in città.

La popolarità crescente

Intanto, erano stati soppressi i vecchi distretti elettorali, sostituiti da 48 sezioni: il distretto dei Cordiglieri, accorpato con quello di Saint-André-des-Arcs, divenne la sezione del Teatro Francese. Di conseguenza, Danton e i rivoluzionari più attivi del vecchio distretto fondarono, il 27 aprile 1790, il Club dei Cordiglieri, ovvero la Société des Amis des droits de l’homme et du citoyen, continuando a riunirsi nell’antico convento. Sfrattati in un primo tempo dal sindaco Bailly, tennero le sedute in rue Dauphine ma tornarono poi a riunirsi nella vecchia sede.

La popolarità dell’oratore di Arcis continuava a crescere: Danton era ormai uno dei protagonisti della Rivoluzione. Leader dei Cordiglieri, stimò opportuno farsi eleggere alla Comune per dare un valore anche istituzionale al carisma di cui godeva presso i radicali e il popolo parigino. L’ostilità di Bailly, tuttavia, vanificò le sue speranze. Il sindaco aveva infatti determinato che i deputati eletti in una sezione dovevano essere approvati da tutte le altre. Siccome gli strati più umili della popolazione non avevano accesso al voto e la classe media, che componeva in gran parte le sezioni, guardava a Danton con diffidenza, l’ampio consenso ricevuto al Teatro Francese si rivelò inutile: 42 sezioni si espressero contro la sua elezione. Così, sui 144 deputati eletti, Danton fu l’unico ad essere ostracizzato.

Deluso, continuò comunque per la sua strada: convinto che le varie forze in campo dovessero unirsi, cominciò a frequentare anche il Club dei Giacobini o Société des amis de la Constitution che dal novembre del 1789 si riuniva in rue Saint-Honoré nella sede di un antico convento domenicano.

Reagì con indignazione alla notizia della fuga del re, il 21 giugno 1791: salito nel pomeriggio dello stesso giorno sulla tribuna dei Giacobini, Danton si scagliò contro La Fayette, giudicato responsabile della dipartita del sovrano. Al Maneggio, avanzò l’ipotesi che la Francia diventasse una Repubblica, scontrandosi però con la diffidenza generale e con la replica di Robespierre: « Che cos’è la Repubblica? ». In effetti, pochi avevano una nozione di questa forma di governo, e l’unico modello, conosciuto più che altro per sentito dire, era quello americano.

Alla riunione successiva, l’Assemblea ignorò la proposta di Danton. Il ritorno del re a Parigi semplificava le cose, e piuttosto che rischiare un intervento dell’Austria e della Prussia, i deputati preferirono lasciare Luigi sul trono, limitandosi a sospenderne le funzioni.

L’arresto, il processo e l’esecuzione

Monumento a Danton nel Boulevard Saint-Germain, aParigi.

Nel marzo 1794 i giacobini diedero inizio ad arresti e a esecuzioni dei loro oppositori più estremisti, tra cui Hébert e i suoi seguaci. Subito dopo colpirono gli oppositori più moderati: Saint-Just attaccò duramente Danton davanti al Comitato di salute pubblica e al Comitato di sicurezza generale, chiamandolo “disertore di pericoli”.

Arrestato, nella notte tra il 30 e il 31 marzo, insieme a Desmoulins, Philippeaux e Lacroix, Danton fu tradotto nella prigione del Luxembourg e il 2 aprile comparve davanti al Tribunale, alla Conciergerie, assieme ad altri tredici accusati, cui se ne sarebbero aggiunti altri due. Oltre ai suddetti deputati, all’ex membro del Comitato di salute pubblica Hérault de Séchelles (accusato di aver divulgato informazioni segrete inerenti allo stesso Comitato, e di aver dato rifugio ad un émigré) e all’abate d’Espagnac, gli erano stati affiancati Delaunay, Chabot, Bazire, i fratelli Junius ed Emmanuel Frey e l’amico Fabre d’Églantine, implicati nello scandalo della Compagnia delle Indie. Accanto ai fratelli moravi, la presenza del danese Deiderichsen e dello spagnolo Guzmán servì come pretesto per accusare Danton di “cospirazione dello straniero”. Il giorno successivo comparve davanti alla giuria anche il generale Westermann, e il 4 aprile fu ascoltato Lhuillier, l’unico dei sedici ad essere assolto.

La pubblica accusa era rappresentata da Fouquier-Tinville e da Lescot-Fleuriot, futuro sindaco di Parigi. Presiedeva il Tribunale Martial Herman. Tra i giurati, presieduti da Trinchard, vi erano il medico di Robespierre, Souberbielle, e il pittore Topino-Lebrun. Gli appunti di quest’ultimo, rimasti sconosciuti per settant’anni, furono citati, in alcuni stralci, da Jean Robinet nel 1865 e pubblicati nel 1875. La loro importanza è notevole in quanto, benché incompleti, restituiscono – a differenza della versione redatta dal cancelliere del Tribunale Coffinhal nella quale vennero omesse alcune testimonianze e ne vennero alterate altre – un resoconto imparziale del processo.

Danton si autodifese con grande eloquenza ma inutilmente: era ormai condannato, come egli stesso disse nella sua perorazione, che rimane tra i discorsi più importanti della Rivoluzione. Si tramanda – senza che vi siano prove inconfutabili per dimostrarlo – che le ultime parole pronunciate di fronte ad Herman, presidente del tribunale rivoluzionario, siano state:

« Non ci sarebbe stata alcuna Rivoluzione senza di me, non ci sarebbe la Repubblica senza di me… so che siamo condannati a morte, conosco questo tribunale, sono stato io a crearlo e chiedo perdono a Dio ed agli uomini… non era nelle intenzioni che divenisse un flagello per il genere umano, bensì un appello, un’ultima disperata risorsa per uomini disperati e gonfi di rabbia…non sarà necessario trascinarmi a forza sul patibolo… se io ora difendo me stesso è per difendere quello cui aspiravamo e, più ancora, che abbiamo conseguito e non per salvare la mia vita. »

Fu ghigliottinato il 5 aprile 1794. Rivolgendosi al boia Sanson disse

« Non dimenticare di mostrare la mia testa al popolo: ne vale la pena. »
(J. Michelet, Histoire de la Révolution française II, cit., vol. I, p. 809)

Il corpo venne inumato in una fossa comune del vecchio Cimitero degli Errancis, assieme ai corpi di Desmoulins, Chabot, Delacroix, Basire, Delaunay e d’Églantine.