Barère De Vieuzac Bertrand

1755 - 1841

Barère De Vieuzac Bertrand

ID: 4117

Bertrand Barère de Vieuzac (Tarbes, 10 settembre 1755 – Tarbes, 3 gennaio 1841) è stato un politico francese.

Bertrand Barère iniziò la sua carriera politica con la Rivoluzione francese come deputato del Terzo stato degli Hautes-Pyrénées agli Stati Generali del 1789 e poi come membro della Convenzione nazionale. Schierato su posizioni di estrema sinistra, fu tra i più intransigenti capi montagnardi e uno dei principali fautori e organizzatori del regime del Terrore. Promotore del Comitato di salute pubblica, ne fece parte insieme agli altri capi giacobini, distinguendosi come ispiratore della politica estera aggressiva della Repubblica e della guerra rivoluzionaria contro le monarchie di Antico regime, e come rigido assertore di provvedimenti terroristici fortemente repressivi contro i nemici interni ed esterni della Rivoluzione.

Minacciato dalla nuova politica di Maximilien Robespierre contraria agli eccessi del Terrore, Barère prese parte alla cospirazione del 9 Termidoro che portò alla caduta e alla morte del capo giacobino e dei suoi seguaci principali. Nonostante questa svolta politica, Barère fu ben presto destituito e imprigionato dalla nuova classe politica termidoriana. Destinato alla deportazione e trasferito sull’isola di Oléron, riuscì a fuggire nascondendosi a Bordeaux e a Tarbes. Venne richiamato e amnistiato da Napoleone Bonaparte durante il Consolato.

Durante la guerra Barère ebbe posizioni pubbliche fortemente anti-britanniche, mentre sembra che in segreto si tenesse in corrispondenza con lord Stanhope, cognato di William Pitt e cugino di lord Grenville, capo del Foreign Office.

Biografia

Le origini

Tarbes: statua di Danton

Bertrand Barère de Vieuzac fu il nipote di Laurent Barère (1695-1750), un notaio di Bernac-Debat. Anche il primo figlio di questi, Bertrand Barère, marito di Grantianne Dambarrère, fu notaio a Tarbes, ed ebbe una parte importante nei movimenti di denaro tra i membri del clan Barère. Un altro figlio di Laurent Barère fu Jean (1728-1788), il padre del convenzionale: sposato con la nobile Catalina Marrast de Nays, da cui ebbe due maschi – Bertrand e Jean-Pierre – e tre figlie. Procuratore del siniscalco di Tarbes, Jean Barère, proprietario, attraverso la moglie, di un feudo nella valle di Argelès, a Vieuzac, negli Alti Pirenei, trasmise poi a Bertrand questa signoria – da cui il nome aggiunto di Vieuzac – e altri beni siti nella Bigorre, in particolare fattorie a Mauvezin, Vignerie, Abedeille, Nébouzan e altre, ereditate dalla successione del principe Camille de Lorraine.

A quindici anni Bertrand Barère ottenne la dispensa di poter cominciare anzi tempo gli studi di diritto a Tolosa, città in cui era cresciuto: prestò giuramento nel 1775 e divenne avvocato al Parlamento di Tolosa. Educato come un gentiluomo, del quale aveva del resto le maniere, secondo quanto assicura Madame de Genlis nelle sue Memorie, egli era «l’uomo di tutte le accademie, l’uomo buono per tutti i salotti». Premiato a Montauban per aver composto un panegirico del re Luigi XII, fatto membro dell’Accademia delle scienze di Tolosa per aver studiato una pietra recante un’iscrizione di tre parole latine, nel 1788 fu accolto nell’Académie des Jeux floraux per aver composto tre brevi poesie, e fece anche parte della loggia massonica della città.

Due anni dopo, il 14 maggio 1785, sposò a Vic-de-Bigorre la giovanissima – non ancora tredicenne – Catherine-Elisabeth (1772-1852), figlia del nobile Antoine de Monde e di Thérèse de Briquet. Dotato di una solida cultura storica e politica, con uno spirito superiore alla media, Barère parlava correntemente l’inglese e l’italiano: infine, era un avversario dei philosophes – come dimostra il suo panegirico di Lefranc de Pompignan, allora celebre antagonista di Voltaire e degli illuministi – mostrava sensibilità per l’arte ed era molto socievole.

Nel 1788 partì per Parigi per seguirvi un processo, trascorrendovi una parte dell’inverno. Ritornò a casa all’inizio del 1789, dopo aver saputo della morte del padre. Qualche settimana dopo, partecipò alla redazione dei cahiers de doléances e anche in quell’occasione si fece notare. Presentò la sua candidatura a rappresentante della nobiltà agli Stati Generali ma, poiché voleva estendere la sua fiscalità fino alla superiore nobiltà di spada, la candidatura non fu accettata. Così, egli non fu «che deputato del Terzo stato del siniscalcato di Bigorre e partì per Versailles, dove si aprivano gli Stati generali».

All’Assemblea costituente

All’ Assemblea costituente partecipò a dibattiti relativi a proposte di riforma degli istituti giuridici, finanziari e amministrativi. Discusse sulla denominazione da dare alla prima assemblea parlamentare e sottoscrisse la proposta di Legrand, che propose la formulazione di «Assemblea nazionale». Entrò nel «Comitato delle lettres de cachet» presieduto da Mirabeau, poi nel «Comitato dei beni demaniali e della feudalità», dove mise all’ordine del giorno la questione della restituzione delle proprietà confiscate ai protestanti a seguito della revoca dell’Editto di Nantes, proposta che non avrebbe certamente aggravato il debito pubblico.

Il duca d’Orléans

Fondò il 10 giugno 1789 il «Point du Jour, ou Résultat de ce qui s’est passé la veille à l’Assemblée», un giornale che egli vantava essere stato il primo quotidiano creato a questo scopo dall’inizio della Rivoluzione. Le pubblicazioni cessarono il 21 ottobre 1791, ed egli fece precedere l’edizione completa del giornale da un discorso preliminare nel quale faceva la storia della Rivoluzione dal 27 aprile al 17 giugno 1789, data della costituzione dei Comuni. Il quotidiano dava conto delle discussione e dei decreti dell’Assemblea e si caratterizzava per la sua moderazione: Vi collaborava l’abate Nicolas Madget, traduttore degli articoli per l’Inghilterra.

Secondo Barère, il modello politico ed economico inglese – monarchia costituzionale e bicameralismo – era quello più conveniente per la Francia. Barère elogiò Necker nel 1789, fu ricevuto da M.me Necker, adulandone lo spirito, frequentò il conte e la contessa Guibert, e fu un seguace di Mirabeau, considerandolo un vero e proprio modello da seguire: di Mirabeau pronuncerà nell’aprile del 1791 l’elogio funebre. Dopo le giornate del 5 e 6 ottobre 1789 e il ritorno dell’Assemblea nazionale a Parigi, Barère prese alloggio nell’hôtel particolare del sindaco Jean Sylvain Bailly del quale sembra essere stato intimo.

Egli era stato anche introdotto al Palais-Royal, residenza del duca d’Orléans, cugino del re, grazie alla raccomandazione della principessa Rohan-Rochefort, testimone al suo matrimonio. La principessa, nota per la sua originalità, essendo nata Rothelin faceva parte della famiglia d’Orléans: teneva salotto ed estese relazioni nell’ambiente aristocratico, così che poté dare a Barère la spinta necessaria per varcare la chiusa cerchia dei famigliari del duca.

Barère si recò per la prima volta a Londra verso l’estate del 1790, accompagnato dalla moglie e dal figlio, per trarre beneficio dalle aperture politiche e dalle relazioni ministeriali del duca d’Orléans, anch’egli esiliato in Inghilterra dopo i fatti del 6 ottobre 1789. Fu ricevuto come membro d’onore della società costituzionale londinese, che doveva passare sotto l’influenza del Partito conservatore. Prese alloggio presso Westminster, dove moglie e figlio vissero per anni sotto falso nome, ricevendo una pensione da Barère tramite Jean-Frédéric Perregaux, suo protetto nel periodo del Regime del Terrore.

Honoré de Mirabeau

Tornato a Parigi, Barère frequentò i circoli massonici, in particolare il Cercle social e il Club de Valois e fu poi un habitué del Parc Monceau e del castello di Raincy, presso Parigi, dove si davano convegno gli intimi del duca d’Orléans. Vi conobbe così Agnès de Buffon, l’amante del duca, che invano solleciterà Barère durante il Terrore di intervenire a favore del marito; conobbe altresì, tra gli altri, Antoine Omer Talon, lo zio di questi, Maximilien Radix de Sainte-Foix, il dottor Geoffroy Seiffert e Nathaniel Parker-Forth, un referente del governo britannico. Altro salone nel quale era assiduo era quello di Madame de Genlis, a Bellechasse, nel Faubourg Saint-Germain, dove poteva vedersi spesso con il futuro Luigi Filippo. Qui brillavano la figlia del duca, Adélaïde d’Orléans e le sue probabili sorellastre, Henriette e Paméla, che forse il duca aveva avuto al tempo della sua relazione con Madame de Genlis e che aveva fatto adottare utilizzando le conoscenze di Nathaniel Parker-Forth. Barère fu nominato tutore di M.lle Pamela, fin quando questa si sposò nel 1792.

Questo incarico, che si sommava agli introiti derivanti dalle sue proprietà, comportava una rendita di 12.000 lire, corrispondenti agli interessi fruttati da un capitale di 240.000 lire, che era stato mascherato sotto forma di donazione. Nel 1793 Barère cercherà di cancellare le tracce di questo regalo principesco sottraendo, con la complicità di Merlin de Douai e di Clarke, futuro duca di Feltre, dei documenti provenienti dal duca d’Orléans, la cui esecuzione sulla ghigliottina fu eseguita in gran fretta, malgrado le promesse di risparmiarlo.

Intanto, nell’Assemblea i suoi interventi guadagnavano di sicurezza e di consistenza: nel febbraio del 1791 difese invano il principio della costituzione della giuria popolare anche nei processi civili; con Antoine Barnave, Merlin de Douai e alcuni altri, propose un decreto che proibiva e puniva l’emigrazione, prendendo così le distanze da Mirabeau: il 9 luglio fu approvato il decreto che tassava del triplo l’emigrato che non facesse rientro in patria entro due mesi. E commentò: «Quando un cittadino prende il nome di emigrante, perde quello di cittadino».

Durante il dibattito sull’abolizione della pena di morte, prese una posizione opposta a quella di Robespierre, giustificando il mantenimento della massima pena in questi termini: «Siamo nelle circostanze e nel grado di perfezione sociale che possa consentire l’abolizione della pena di morte? È questa pena, nell’attuale stato delle cose e nella situazione dei nostri spiriti, una pena meno repressiva di quella della perdita dell’onore e della libertà?».

Tra i Foglianti

Del resto, egli si dichiarava ammiratore di Voltaire e, come a dimostrarlo a chi ne dubitasse, insistette per far parte della delegazione dei deputati alla cerimonia del trasferimento dei resti del filosofo, il 12 luglio, nella chiesa di Sainte-Geneviève, divenuta il Panthéon. Con Antoine Barnave, Barère fu anche commissario incaricato dall’Assemblea di ricondurre Luigi XVI a Parigi, dopo la fuga del re e il suo arresto a Varennes-en-Argonne, ma, nei dibattiti che seguirono, egli non chiese la destituzione di Luigi, segnando così il suo allontanamento dai Giacobini. Era stato infatti membro del club giacobino nella sua versione iniziale e ora, contrario alla dichiarazione di decadenza del re, si unì al club realista dei Foglianti, prendendone la presidenza fino al giugno del 1791. Contrariamente a Condorcet, a Camille Desmoulins o a Maximilien de Robespierre, che si erano già dichiarati pubblicamente repubblicani, Barère era adesso apertamente monarchico. La porte del club dei Giacobini gli rimarrà chiusa e, per ragioni tattiche, egli farà di tutto per esservi riammesso: solo sotto il grande Terrore egli, reso sicuro dal suo potere di vita e di morte su ogni cittadino, forzerà l’ingresso al club giacobino per controllare meglio quell’ultimo luogo di relativa libera espressione politica di fronte agli onnipotenti Comitati.

Jacques-Louis David: Bertrand Barère de Vieuzac

Il club dei Foglianti raccoglieva i membri dell’aristocrazia mercantile e numerosi proprietari coloniali, come i Lameth, e finanzieri che avevano sostenuto Necker. Barère annodò nuove relazioni con gli ambienti bancari e in particolare con Charles Pierre Paul Savalette de Lange: durante molti anni, il Savalette occupò un appartamento nel lussuoso palazzo Savalette, in rue Saint-Honoré. Egli era presidente della loggia massonica Amis réunis e, come molti massoni dell’epoca, un melomane protettore dei compositori Nicolas-Marie Dalayrac, Honoré-François-Marie Langlé e altri; disponeva di un teatro nel suo castello della Chevrette a Saint-Ouen, e godeva di una considerevole fortuna, costituita non solo dai suoi immensi terreni a Magnanville, ma anche a Lange, nell’Ain, o ancora a Longjumeau, oltre a beni immobili nell’ Île de France, accresciuti dalle acquisizioni recenti di beni nazionali. Ma dopo la sua bancarotta, nel 1791, che rovinò molti clienti, fra i quali il musicista Dalayrac, trasferì i suoi capitali all’estero, in gran parte nella City di Londra insieme con i beni del duca d’Orléans. Poco noto è che questo amico di Barère finanziò con discrezione il conte d’Artois, fratello di re Luigi, scommettendo tre milioni di lire sul suo prossimo ritorno. I colossali interessi di questa somma, che continueranno ad aumentare fino alla Restaurazione, non saranno mai interamente rimborsati.

Il 1792

Conclusa la Costituente, Barère continuò a occuparsi di affari politici: il 15 novembre 1791 mandò una lettera per raccomandare il generale Valence, genero della contessa di Genlis e rispose agli inviti della Corte, trasmessi da Radix de Sainte-Foix, del quale eviterà la condanna a morte sotto il Terrore, da Talon e dai consiglieri della reggia che, in cerca di segrete complicità, distribuivano finanziamenti occulti. Anche il nome di Barère fu infatti trovato nel famoso armadio di ferro ma, scrisse il ministro Bertrand de Molleville nelle sue Mémoires, non furono considerati sufficienti gli elementi a suo carico emersi dopo gli avvenimenti del 10 agosto 1792. Secondo altre fonti, Barère percepì denaro dal conte di Narbonne, sempre allo scopo di legarlo al partito della Corte.

Dopo quelle memorabili giornate, entrò a far parte del Consiglio di giustizia sotto il ministero Danton. Formata il 22 settembre la nuova assemblea – la Convenzione nazionale – Barère, deputato degli Alti Pirenei, ne era il presidente quando si aprì il processo contro Luigi XVI e, dopo che il deputato di Tolosa Mailhe ebbe letto l’atto d’accusa, egli procedette all’interrogatorio del re. Barère fu tra coloro che si espressero per la condanna a morte, pronunciando una frase di Thomas Jefferson: «L’albero della libertà cresce quando è innaffiato con il sangue dei tiranni».

Nel Comitato di salute pubblica

« Bisogna che i nemici periscano…solo i morti non tornano indietro »
(Affermazione di Bertrand Barère il 16 messidoro anno II)

Bertrand Barère fu il primo deputato a essere eletto nel Comitato di salute pubblica, costituito il 6 aprile 1793, nel quale svolse le funzioni di relatore. Difensore dei progetti federalisti dei Girondini, cercò di opporsi al crescente potere della Comune di Parigi e, nel maggio 1793, fece istituire la «Commissione dei dodici», d’ispirazione girondina, incaricata di indagare sugli arresti effettuati dalla Municipalità parigina. La commissione procedette, tra l’altro, all’arresto provvisorio di Jacques-René Hébert e accusò i convenzionali, amministratori di polizia, Panis e Sergent, di avere avuto gravi responsabilità nei massacri di settembre.

Nel Comitato, che era diviso in sezioni e aveva l’incarico di esaminare i progetti da presentare alla Convenzione nazionale, Barère si occupò degli Affari esteri e dello spionaggio, della Marina e delle Colonie, dell’Istruzione e soprattutto della repressione interna, di concerto con il suo confidente Vadier, molto influente nel Comitato di sicurezza generale, la polizia politica.

Vigée-Le Brun: Madame Élisabeth

Nei suoi rapporti al Comitato, Barère si espresse per la necessità della guerra e illustrò i pericoli della Vandea, la parte avuta da spagnoli e Genovesi nell’incendio della flotta a Tolone, l’urgenza di rinviare a giudizio Maria Antonietta, la necessità di distruggere la ribelle Lione e di confiscare i beni dei sospetti, la presunta colpevolezza di Danton e Desmoulins e i complotti, veri o presunti, che potevano essere fomentati da vecchi parlamentari e antichi fermiers généraux.

Dopo il rinnovamento del primo Comitato di salute pubblica, che vide l’estromissione di Danton, solo Bertrand Barère e Robert Lindet rimasero al loro posto. Il Comitato, composto di nove membri, sostituì poco alla volta i vecchi ministeri – con l’eccezione di quello dell’Economia, gestito da Cambon – così che Barère ebbe mano libera sugli Affari esteri. Oltre che su Robert Lindet, Barère poteva contare su Jean-Marie Collot d’Herbois, Billaud-Varenne e Lazare Carnot che votarono quasi sempre come lui. In compenso, Georges Couthon, Antoine de Saint-Just e Maximilien Robespierre si distinguevano dalle decisioni dei loro colleghi, specie sulle questioni della repressione e, in generale, sull’opportunità, da essi giudicata con favore, di rallentare il Terrore.

Barère propose la dispersione dei resti dei reali costoditi nella basilica di Saint-Denis e la cosiddetta legge del maximum. Il 25 settembre 1793 richiese alla Convenzione il massimo impegno nella guerra vandeana, invocando la costituzione di un esercito di 400.000 uomini: l’esercito ribelle fu distrutto a Savenay il 23 dicembre. Chiese e ottenne il rinvio a giudizio di Maria Antonietta e di Madame Elisabeth, ghigliottinata il 10 maggio 1794.

Ebbe anche un ruolo di primo piano nell’arresto e nel processo, tenuto a porte chiuse il 30 ottobre 1793, di 21 deputati che si erano opposti alla dittatura del Comitato di salute pubblica e firmò il decreto che rinviava il duca d’Orléans, suo antico protettore, al Tribunale rivoluzionario. Per quanto fosse sorpreso da talune sue decisioni, ma confidando sulla sincerità dei suoi principi, Robespierre finì per soprannominarlo «L’equivoco».

Morì nel 1841 ed il suo corpo oggi è sepolto presso il cimitero di San Giovanni a Tarbes, suo paese natale.